Enzo Erra LE RADICI DEL FASCISMO. Una storia
da riscrivere.
Roma - Ed.Settimo Sigillo Pag. 230
Erra, Enzo
ISBD:
Le radici del fascismo : una storia da - 2. ed. riveduta e ampliata - Roma
: Settimo Sigillo, 1998 - 239 p. ; 24 cm. - Historia
Collezione:
Historia
Livello
bibliografico: Monografia
Tipo
documento: Testo a stampa
Nomi:
Erra, Enzo
Soggetti:
FASCISMO - ITALIA - ORIGINI
Paese
di Pubblicazione: IT
Lingua
di Pubblicazione: ita
Localizzazioni:
MI0185 - Biblioteca nazionale Braidense - Milano - MI
PG0109 - Biblioteca comunale
Augusta - Perugia - PG
PV0190 - Biblioteca Civica
Ricottiana - Voghera - PV
RM0267 - Biblioteca nazionale
centrale Vittorio Emanuele II - Roma - RM
TO0646 - Biblioteca del
Dipartimento di filosofia e di ermeneutica filosofica e tecniche dell'interpretazione
dell'Universita' degli studi di Torino - Torino - TO
Codice
identificativo: IT\ICCU\UM1\0034798
***
Erra, Enzo
ISBD:
Le radici del fascismo : una storia da - Roma : Settimo sigillo, [1995]
- 230 p. ; 24 cm.
Collezione:
Historia
Livello
bibliografico: Monografia
Tipo
documento: Testo a stampa
Nomi:
Erra, Enzo
Soggetti:
FASCISMO - Origini
Classificazione:
945.0914 - Storia d'Italia. Periodo del primodopoguerra e dell'avvento
del fascismo,1918-1922.
Paese
di Pubblicazione: IT
Lingua
di Pubblicazione: ita
Localizzazioni:
RA0016 - Biblioteca comunale Manfrediana - Faenza - RA
TO0250 - Biblioteca del
Centro studi Piero Gobetti - Torino - TO
Codice
identificativo: IT\ICCU\RAV\0257514
Nuova ed. riveduta ed ampliata (1998):
Si sta concludendo questo secolo, ma non è
facile fare bilanci perché tutto è in evoluzione ed in ebollizione.
La storia non segue linee rette e nemmeno ha una
sua logica perché è l'uomo generatore di storia, con la sua
imprevedibilità, il suo spirito di adattamento o di rivolta che
non si può definire coerente perché, a situazioni analoghe,
non corrispondono reazioni o risultati analoghi.
La caduta del muro di Berlino, lo sfaldamento dell'Impero
Sovietico, l'integralismo islamico, la situazione balcanica, la guerriglia
endemica nel Sud America, i massacri in Africa, la bomba atomica in gestione
a Paesi di scarsa affidabilità, la pressione demografica sulle sponde
del Mediterraneo, la fame e la miseria diffuse fra tanti popoli, la ricchezza
e l'opulenza di altri a loro volta oberati dalla disoccupazione, che cosa
potranno generare?
La liberal-democrazia che si proponeva come panacea
per tutti i mali del mondo saprà o potrà affrontare il futuro?
Il concetto di libertà, così come
inteso in Occidente, potrà ancora essere il paravento per ogni intervento
o dovrà cedere il passo a nuovi valori che ristabiliscano un ordine
accettabile nel mondo?
Questo secolo è stato spettatore di grandi
lotte; nella sua prima metà ha visto anche il fascismo come protagonista
vittorioso in fase d'espansione, in concorrenza con il comunismo e la liberal-democrazia
capitalista. Non fu generato da nessuna di queste due forze, nacque spontaneamente
come forza contendente, antagonista, e fu tanto originale e fascinoso da
indurre ad una generale reazione nei suoi confronti.
Il fascismo nasce nelle trincee, si radica nei cuori
disposti ad accettarlo, si trasfigura nell'azione veloce, coraggiosa, rischiosa,
che tramortisce chi era abituato alle bilance della politica inconcludente;
realizza, costruisce, è per la velocità, il progresso e la
tradizione, è custode dei valori più intimi del popolo, combatte
ed abbatte i parassiti della società, mette ordine, è simpatico
alla gente che ritrova la Nazione. Il consenso nasce non dall'ideologia,
ma dai fatti. Solo sotto l'assalto militare di un mondo che coltivava valori
diversi è costretto a cedere. Molti lo rinnegarono, ma lasciò
il segno nella società, sia nelle opere che nelle menti.
La reazione alla cultura cattocomunista non è
un fatto accidentale, l'interesse che ancora oggi desta non è una
semplice curiosità.
Il fascismo prese il potere in un momento particolare
con una complessa operazione politico-militare che Mussolini gestì
alla perfezione; voleva rompere con un mondo vecchio ed inconcludente,
proponeva nuove soluzioni al problema italiano ed alla crisi nel mondo.
Non si poneva in antitesi con la libertà, tanto più che i
maggiori oppositori erano i comunisti che, della libertà, non erano
certo i paladini.
La fase autoritaria e dittatoriale aveva carattere
provvisorio, legata alla lotta contro il comunismo.
Il testo presentato ci fornisce un'ampia disamina
sulle origini del fascismo, il suo sviluppo e la sua collocazione nella
storia. La sua lettura è avvincente, è incalzante come l'analisi
dei fatti che ci propone, ci riporta agli anni che più di tutti
influirono sulla nostra storia e contro i quali ancora schiuma rabbia un
antifascismo negatore di verità, generatore dell'Italia odierna
che, nell'espressione dei suoi governi, è simbolo d'inefficienza
ed incapacità costruttiva in ogni campo.
La lettura di quest'opera è consigliata vivamente.
NUOVO FRONTE N. 185 (1998) Rubrica
"Leggiamo assieme" a cura di M.Bruno.
***
Edizione 1995:
Il fascismo come oggetto misterioso, un pensiero
alieno, UNA parentesi storica, una maledizione divina, un oltraggio alla
libertà etc. etc., oppure una nuova concezione della vita, un nuovo
rapporto con il mondo del lavoro, un nuovo modo di concepire l'uomo, un
nuovo umanesimo, il riscatto dal materialismo capitalistico sia esso di
stampo liberale che marxista, la ribellione al determinismo, la vera rivoluzione
popolare?
Sono questi gli interrogativi ai quali è
necessario rispondere ed occorre partire dalle radici che affondano nel
cuore dei popoli sempre alla ricerca di valori e di soluzioni.
Con la sua opera Enzo Erra ci propone un'accurata
analisi e ci fornisce delle risposte equilibrate.
Lo scrittore, giornalista, editorialista, commentatore
politico, collaboratore di riviste culturali e socialmente impegnate ha
scritto numerosi saggi di approfondimenti storico e filosofico.
Per la classe di nascita (1926) ha vissuto il tramonto
del fascismo e la fine della R.S.I.
Questo secolo non può prescindere dal fascismo
in quanto esso è stato, con la democrazia liberale e con il comunismo,
il protagonista delle lotte e delle rivoluzioni che hanno caratterizzato
il secolo stesso.
Solo la sconfitta sul piano militare, determinata
dall'amorale alleanza fra la democrazia liberale ed il comunismo, ha permesso
la scomparsa politica del fascismo dalla scena, ma ciò non significa
che non debba essere considerato come una forza costitutiva della storia
e non un fuori legge.
Solo la cecità politica di una classe dirigente
ritornata alla ribalta nazionale, con l'imposizione delle baionette anglo-americane,
poteva riproporre uno schema politico identico a quello pre-rivoluzionario
del fascismo, ignorando la rivoluzione civile e sociale operata dal fascismo
stesso che, sul campo, si era dimostrato vittorioso proprio per la riprovazione
che il popolo italiano aveva dimostrato nei confronti della liberaldemocrazia
e delle violenze leniniste.
La corruzione, l'incapacità amministrativa,
la mancanza di validi ideali, la caduta del muro di Berlino ripropongono
situazioni già conosciute che mostrano i limiti sia del comunismo
che del liberalismo selvaggio, che inevitabilmente portano ad un ripensamento
dello Stato non strutturato sulla lotta di classe ma sulla collaborazione
fra le categorie che sempre più partecipano alle decisioni del potere.
La rivoluzione del sistema non può essere
solo tecnica e burocratica, ma deve basarsi su effettivi valori di base
oggi distrutti in nome dell'antifascismo.
La caduta del muro di Berlino ha travolto anche
l'antifascismo militante ormai divenuto anacronistico, sostenuto dal comunismo
come cemento con le altre forze politiche.
La continua negazione del fascismo come forza rivolu
zionaria ha tolto ogni forza all'antifascismo stesso.
Sviluppato su quattro capitoli, il libro ci conduce
per mano affrontando quattro diverse questioni riguardanti il fascismo.
Nel primo viene esaminata la situazione dell'Italia
al termine della guerra mondiale e la risposta che seppe dare il fascismo
ai problemi nati nel post risorg mento e drammaticamente esplosi nel dopo-guerra.
Il secondo capitolo investe in prospettiva più
ampia i rapporti con gli aspetti internazionali ed il contenuto universale
del fascismo nei confronti con le correnti rivoluzionarie di sinistra e
con le forze conservatrici, determinando uno scontro sia nel pensiero che
nella prassi.
Il terzo capitolo tratta il modo in cui il fascismo
giunse al potere approfittando delle particolari circostanze create dalla
crisi dello Stato liberale e dal tentativo rivoluzionario della sinistra.
Il quarto propone il rapporto tra il fascismo ed
i suoi avversari ed il principio di libertà.
L'Autore non vuole risolvere il nodo della interpreta
zione e definizione del fascismo, ma intende fornire al lettore una serie
di elementi che permettano un giudizio equo fuori da ogni astio di parte.
Il fatto stesso che del fascismo tanto se ne parli
e se ne scriva sta a dimostrare la vitalità dello stesso, che durerà
fino a quando non saranno emessi giudizi non offuscati dai rancori e dai
pregiudizi.
NUOVO FRONTE N. 168 (1996) Rubrica "Leggiamo assieme"
a cura di M.Bruno.
***
Introduzione di Enzo Erra alla seconda edizione riveduta ed ampliata
Le radici del Fascismo – una storia da riscrivere pp. 239, prezzo euro
18,00.
Edizioni Il Settimo Sigillo, Roma 1998, Via Santa Maura 15 00192
Roma. Tel 06/39722155 – Fax 06/39722166; rete www.libreriaeuropa.it;
Posta: ordini@libreriaeuropa.it.
Il tramonto della "storia"
Più volte, nel corso di conferenze e dibattiti sulla prima edizione
di questo libro, ho dovuto rispondere a una domanda che veniva esplicitamente
posta o si coglieva nell’aria: in brevi e chiari termini, quale era la
mia tesi, e che cosa era per me il fascismo? La risposta che ho dato -
e che continuo a dare - renderebbe felice il signor De La Palisse:
il fascismo è semplicemente e soltanto il fascismo. Sembra un modo
per cavarsela sgusciando dalla finestrella dell’ovvio, ma in realtà
la domanda e la risposta contengono il nodo dell’intero problema. Nessuno
ancora, sul piano accademico e scientifico come su quello giornalistico
e divulgativo, accetta o almeno esamina l’ipotesi che il fascismo sia una
realtà autonoma e conchiusa, un’idea spontaneamente concepita da
menti umane e liberamente sostenuta da volontà umane. Il fascismo,
per coloro che lo studiano o ne parlano, deve essere a ogni costo la filiazione
o la degenerazione di un’altra cosa, deve far parte, nel bene e più
spesso nel male, di una o dell’altra delle correnti storiche riconosciute
e "correttamente" catalogate. Il punto di vista opposto, e cioè
lo sforzo di intendere il fascismo come un fenomeno che non abbia altra
ragion d’essere se non quella che racchiude in se stesso, è considerato
eterodosso, antiscientifico e soprattutto "antistorico", non
accettabile né confutabile quindi, e nemmeno citabile. Si potrebbe
definirlo un non-punto di vista, paragonandolo alle non-persone che nel
mondo di Orwell non vengono semplicemente uccise, ma "vaporizzate"
e cancellate, come se non fossemai esistite.
Questa tenace e vischiosa pregiudiziale denuncia e comprova, più
e meglio di ogni altro sintomo, la sostanziale unità del mondo democratico
che va dal liberalismo al marxismo, e la sua incapacità – qui
davvero "totalitaria" - di concepire l’esistenza di qualcosa
fuori suoi confini, e quindi fuori del ciclo che va dal giacobinismo al
bolscevismo. L’essenza e la fisionomia di questa unità vengono analizzate
e descritte in più punti di questo libro, e ne costituiscono sotto
un certo aspetto il motivo conduttore, anche nelle parti che hanno una
genesi e una elaborazione più lontane nel tempo. Negli ultimi tre
anni, però, in seguito ai profondi mutamenti avvenuti in Italia
e nel mondo, la situazione si è sviluppata oltre i limiti del paradosso.
E questo ha reso necessaria non una semplice ristampa del testo, ma una
seconda edizione integrata dagli elementi nuovi e in parte sorprendenti
che il problema presenta.
Cala il sipario
La vastità del cambiamento, infatti, si può appena cominciare
a misurare, e non è del tutto palese nemmeno oggi. In un primo momento,
la caduta dell’impero sovietico e la scomparsa - almeno dal continente
europeo - del cosiddetto "socialismo reale" sembrarono
coinvolgere soltanto il comunismo, e più in generale il marxismo,
la cui palese e tragica inattuabilità tagliava ragionevolmente corto
a ogni ulteriore discussione teorica. Si diffuse, in quegli anni, l’impressione
che il sipario fosse calato sull’ultimo atto non solo di una lunga e sanguinosa
contesa, ma della storia stessa, che pareva sul punto di concludersi dopo
aver raggiunto il suo fine. A generare questo stato d’animo fu non solo
e non tanto il titolo di un libro di successo quanto la generale e più
o meno consapevole convinzione che regolati ormai i conti tra capitalismo
e comunismo con la definitiva vittoria del primo, la società umana
dovesse assestarsi per sempre nelle elastiche forme del sistema liberaldemocratico,
e disporsi a vivere, come avrebbe detto Pangloss, "nel migliore dei
mondi possibile".
Fu una breve euforia, che i fatti - come meglio si dirà
nelle considerazioni finali, a conclusione del libro - hanno disperso
rapidamente, rivelando un mondo più di prima angosciato, lacerato
e precario più di prima insidiato da un vizio congenito, e da una
minaccia strisciante che già mostra in superficie i sintomi diversi
- l’invasione migratoria, il fanatismo fondamentalista, la crescente
potenza cinese -di un assalto imminente, e forse già in atto.
Si è avuta così la prova che il flusso degli eventi
umani non si arresta a comando, e continua pericolosamente, drammaticamente
ma liberamente a scorrere, senza obbedire ad alcuna "legge oggettiva".
Già il crollo dei regimi dell’Est, del resto, aveva messo di fatto
in crisi la concezione deterministica e progressista della storia. Tutto
si può ammettere, in quella concezione, tranne che una fase storica
ceda, si sfaldi e rifluisca su quella che l’ha preceduta. Eppure, proprio
chi si pone nella sua prospettiva e usa il suo linguaggio deve riconoscere
che a cavallo tra gli anni ‘80 e gli anni ‘90 in una larga parte del mondo
una società "avanzata" ha ceduto il passo ad una "arretrata",
e l’evoluzione ha camminato inammissibilmente a rovescio.
Si comincia quindi a comprendere che la svolta radicale a cui abbiamo
assistito non coinvolge solo il comunismo, ma induce - come osserva
il Furet - "a ripensare alcune convinzioni vecchie quanto la
sinistra occidentale e addirittura quanto la democrazia": con il "senso
della storia", infatti, il marxismo-leninismo "aveva pensato
di dare una garanzia scientifica all’ottimismo democratico" ma "se
il capitalismo diventa l’avvenire del socialismo, se è il mondo
borghese a succedere al mondo della ‘rivoluzione proletaria’, che cosa
ne sarà di questa assicurazione nel tempo?... La storia ridiventa
un Tunnel dove l’uomo entra nel buio, senza sapere dove lo porteranno le
sue azioni, privo dell’illusoria sicurezza di una scienza di quello è
fa. Privo di Dio, l’individuo democratico di fine secolo vede tremare dalle
fondamenta la divinità Storia: un’ angoscia che deve esorrcizzare
Il progresso fa marcia indietro
Insieme al concreto edificio del "socialismo reale", anche
la a meccanica che il materialismo storico aveva costruito per incasellare
i passaggi della vicenda umana è quindi andata in rovina. Ma anche
nel quadro più generale della cultura laica e razionalista che ha
generato come ultimo anello il marxismo non si può ammettere che
il "progresso storico" possa fare marcia indietro. persino per
un liberale "moderno e aggiornato" è inconcepibile che
in un qualsiasi paese il feudalesimo possa succedere alla monarchia assoluta,
o questa alla monarchia costituzionale, o quest’ultima alla repubblica.
Eppure, nei territori dell’impero sovietico, si è verificato proprio
un regresso del genere. Ecco allora che la direzione univoca attribuita
d’ufficio al corso del fatti si ribalta, e la possibilità di dargli
un senso svanisce.
Gli eventi recenti, insomma, non chiudono la storia intesa come il
tessuto delle idee e delle azioni umane, delle imprese e delle sventure,
delle creazioni e delle devastazioni, delle antinomie e delle sintesi,
delle ascese e delle cadute, la storia che non finisce e non può
finire, mutevole e imprevedibile, rischiosa e affascinante. Mettono in
crisi, invece, la "Storia" con le virgolette e la maiuscola,
l’Entità dotata di vita propria, che si svolge indipendente dagli
uomini e domina i loro destini, ma non per questo libera, e soggetta invece
essa stessa a ‘leggi oggettive’ che impone ma a cui obbedisce: la "Storia"
spietata ma rassicurante, perché giudica e condanna ma in compenso
si assume tutti i pesi e tutti i problemi, e solleva gli uomini dalla responsabilità
di decidere. Nell’esistenza di questa divinità, marxisti e non marxisti
hanno creduto ciecamente a lungo: La "Storia" è salita
agli altari dopo la "morte di Dio" celebrata nel XIX secolo e
vi è rimasta per tutto il XX. Era una divinità laica,
che si accordava con la nota dominante, razionalistica e positivistica
della mentalità moderna. Laica e immanente, ma dotata di tutti i
caratteri da sempre attribuiti al divino: l’onnipotenza, la prescienza
del futuro, l’intrinseca bontà dei fini, la capacità ultraumana
di perseguirli.
I calcinacci del Muro
Ora, secondo la mitologia corrente, sarebbe stata proprio questa divinità
a folgorare il fascismo, imitando i numi dell’Olimpo che usavano abbattere
sul campo i combattenti a loro avversi o sgraditi. Che il fascismo sia
stato "condannato dalla Storia" è pane quotidiano, da
più di cinquant’anni, al livello dell’alta accademia come a quello
della bassa cucina. Ma se la "Storia" esce dalla scena, travolta
dai calcinacci del Muro di Berlino, quali basi restano per sostenere la
validità della "condanna" che le sue labbra avrebbero
pronunciato? Il verdetto divino, peraltro, sembrava nascere proprio dalla
natura "antistorica" del fascismo, dalla temeraria indisciplina
che lo aveva indotto a intromettersi nella ben ordinata serie di caselle
in cui il divenire storico era stato organizzato e sistemato. Nel suo contenuto
ideale come nei movimenti e nei regimi a cui aveva dato concretamente vita,
il fascismo non corrispondeva ad alcuna di queste caselle, e ne disturbava
l’ordinata e logica successione. Nasceva di qui la giustificazione morale
e politica che la "Storia" forniva alla coalizione antifascista
liberal-bolscevica costituita nella seconda guerra mondiale al fine di
abbatterlo. E di qui nasceva anche il bisogno di negare la sua esistenza
come ente autonomo, di non fermarsi a distruggerlo, ma di "vaporizzarlo"
orwellianamente, quale non-idea e non-realtà, e di interpretarlo
quindi come un’appendice o un’alterazione delle idee e realtà che
erano abilitate a far parte della "Storia", e venivano accolte
legittimamente nel suo seno.
Già negli studi preliminari che ho poi inseriti e sviluppati
in questo libro avevo potuto osservare che la presenza stessa del fascismo
bastava a smentire che esistesse una "Storia" come la cultura
moderna la concepiva. La disfatta di quello che per mezzo secolo abbiamo
chiamato il "mondo orientale", e verso il quale doveva camminare
la "Storia", ne fornisce ora la prova. Così, il corso
travolgente dei fatti richiede il riesame politico, teorico e filosofico
non solo del marxismo, che non può essere considerato come il fine
ultimo verso il quale procede la "Storia", ma anche della liberaldemocrazia
che otto i nostri occhi sta dimostrando di non essere il felice approdo
sul quale la "Storia" può ancorarsi e chiudersi. L’uno
e l’altra non possono più essere visti e giudicati in base alla
loro pretesa "storicità". Ma per ovvia conseguenza devono
essere radicalmente riesaminate anche le interpretazioni finora date al
fascismo, che non possono più avere come base e presupposto una
sua "antistoricità", altrettanto arbitraria.
Caduta la necessità di inquadrarlo e tenerlo a forza nelle strette
di una prospettiva che più non esiste, al fascismo si può
cominciare a guardare come si guarda agli altri vasti e spontanei fenomeni
generati dalla mente e dall’attività umana. Si può smettere
di andare a cercare tra le pieghe di altre correnti ideali e politiche
per scoprire il bubbone da cui sarebbe esploso o, nel più benevolo
dei casi, il tronco da cui si sarebbe diramato. E si può prendere
in esame almeno
L’ipotesi che il fascismo sia sorto per generazione propria, da un
autonomo pensiero e da una libera volontà. L’ipotesi, insomma, che
il fascismo sia soltanto e semplicemente il fascismo.
L’unità nazionale in pericolo
La prima edizione del libro muoveva già da questo assunto, e
il suo testo viene quindi riprodotto quasi interamente nella seconda, con
poche varianti, e con le aggiunte e integrazioni che lo svolgersi dei fatti
e gli sviluppi più recenti della storiografia hanno rese necessarie.
Riguardo al suo contenuto non si può che ripetere in larga parte
quanto venne detto nella premessa alla prima edizione. I quattro capitoli
in cui si articola, originati da varie occasioni, affrontano quattro questioni,
diverse ma strettamente connesse allo stesso oggetto. Il primo esamina
la risposta data dal fascismo al problema che travagliava l’Italia del
post-risorgimento, e che esplose drammaticamente all’indomani della prima
guerra mondiale: è questa la parte che ha richiesto un più
attento aggiornamento, perché proprio negli ultimi due anni la crisi
italiana si è accelerata fino a raggiungere un punto in cui la stessa
unità nazionale è messa in questione. Il secondo investe
il contenuto universale del fascismo, nel suo incontro-scontro di pensiero
e di prassi con le correnti rivoluzionarie di sinistra e con quelle conservatrici
e reazionarie di destra. Il terzo descrive il modo in cui il fascismo giunse
al potere in Italia, nelle particolari circostanze create dalla crisi dello
stato liberale e dal tentativo rivoluzionario marxista. Il quarto ha al
centro il controverso rapporto tra il fascismo e i suoi avversari da un
lato, e il principio di libertà dall’altro.
Non vi è dunque, in queste pagine, il tentativo di affrontare
sistematicamente il corso storico del fascismo in tutte le sue fasi e manifestazioni:
tentativo che richiede ben altre dimensioni e strumenti. E non vi è
la pretesa di sciogliere in brevi termini il nodo dell’interpretazione
e definizione del fascismo secondo i caratteri suoi propri, nodo che cataste
di volumi hanno sempre aggirato. Vi è invece il desiderio di abbordare
il fenomeno da vari lati, e di identificarne alcuni aspetti salienti, contribuendo
così ad aprire una prospettiva che è rimasta finora preclusa.
E vi è infine la speranza di riuscire a fissare alcuni punti fermi
che possano servire come base di partenza per un esame più organico.
Esame che il tramonto della "Storia" rende non solo finalmente
possibile, ma anche indispensabile e urgente per uscire dal vuoto che essa
ha lasciato.
Enzo Erra Roma, febbraio 1998
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