TESTIMONIANZE 
 

LA "LIBERAZIONE" PORTATA DAI FRANCESI
Trascritta dal cyberamanuense Mauro Franciolini
 
Presso Cassino il Corpo di Spedizione Francese includeva soldati nordafricani (marocchini, algerini e tunisini) ben equipaggiati e addestrati per i combattimenti in montagna. Il generale Alphonse Juin poteva quindi disporre di quattro divisioni incorporate nella Quinta Armata U.S.A.: la I Divisione di fanteria motorizzata, la II Divisione di fanteria marocchina, la III Divisione di fanteria algerina e la IV Divisione da montagna marocchina. Infine, c’erano i famigerati "goumiers", truppe marocchine raccolte in bande irregolari denominate "tabors": ogni duecento "goumiers" si contavano dai cinque ai sette francesi in veste di ufficiali e sottufficiali. Tenaci combattenti, temuti dai tedeschi e dediti ad ogni sorta di violenza i "goumiers" vivevano di saccheggi e non facevano prigionieri: teste e orecchie mozze dei nemici erano i trofei che mostravano dopo le battaglie. Durante la fase finale dell’assedio di Cassino (metà maggio 1944) furono proprio i "tabors" a sfondare la "Linea Gustav" accanendosi, successivamente, sugli abitanti dei paesi circostanti. I centri più colpiti furono Ausonia ed Esperia.
Dal programma "PASSATO PROSSIMO" trasmesso Domenica 6 giugno 2004 su "LA 7" - 
trascrizione di testimonianze raccolte nel corso della puntata "Distruggete Cassino":
Esperia, due anziane donne ricordano:
TESTIMONIANZA:
La primavera del ’44 so’ arrivati dei tedeschi facendo i rastrellamenti. Ci hanno visto (delle giovani ragazze…) e ci hanno detto: "Andare via! Andare via! Qui verrà la truppa di colore: dei marocchini e niente di buono… dovete andare via!".
INTERVISTA:
Dove si sedevano non ci è uscito più l’erba: va bene?! L’erba non c’è più uscita… adesso esce l’erba…Ma erano solo marocchini o c’erano anche i francesi? Mah, i francesi …c’era qualcuno. Nessuno impediva le violenze? I francesi non impedivano le violenze dei marocchini? Non potevano…cioè, questi erano come le formiche…e dove andavano a prenderli tutti quanti?
Come erano vestiti, se lo ricorda signora? Portavano…le tuniche di San Francesco: lo sai come portava le tuniche? Come San Francesco? Sì. I sandali…Come erano le tuniche: grigie, nere? Marrone. Marrone: lei se lo ricorda bene questo? Uno c’aveva la treccia in testa…l’altro c’aveva gli orecchini al naso…l’altro ce li aveva alle orecchie e l’altro un ciuffetto di capelli. E scesero coi muli, tanti muli…Santa Eleonora…. E allora dicevano a noi "Buono Mussolini", "Buona guerre". E a noi mamma ci ha messo tutto nero in faccia: sembravamo tante etiopi. Vi eravate dipinte il viso? Sì, Sì…Con cosa, col carbone? Sì. Perché? Perché loro così non capivano chi eri. Per nascondervi nel buio? Se ti incontravano, cioè, tu vedevi tutto nero. Noi eravamo neri…Quante donne sono state violentate signora qui a Esperia? Non lo so quante…questo non lo so. Perché accadeva questo, perché? Ma perché c’avevano la "carta bianca" i marocchini…perché qua non ci voleva venì nessuno. Gli dettero "carta bianca". La "carta bianca": facevano quello che volevano. Perché qui non ci voleva venire nessuno…perché era troppo pericoloso? Ecco…Perché i tedeschi qui difendevano forte? Precisamente. E quindi ci voleva gente che aveva fegato…Sì. Lei dei tedeschi cosa pensava? Io dei tedeschi niente perché sono state bravissime persone: educate. Educate, le dico, prima cosa educate…moltissimo: tu ci potevi pure dormire insieme. Sono stati gli alleati a liberare l’Italia dal fascismo: anche i marocchini, se lei ci pensa, in fondo sono stati i marocchini a scacciare i tedeschi…Ma chi ce li ha mandati?! Gli americani… e perché se no non passavano…e come facevano a passare?!

LA MATTANZA AL CAMPO SPORTIVO DI DIANO MARINO DI SAVONA
Trascritta dal cyberamanuense Salvatore Milone
 
 
    Ho chiesto ad un giovane amico di scrivere il mio racconto, e voi pubblicatelo su internet. Non voglio però la notorietà.
    Vi dò il mio nome e cognome ma vorrei restare anonimo. Oggi sono un uomo di 80 anni che per poter vivere senza essere discriminato ho vissuto in Germania fino la metà degli anni 70. Mi chiamo Emanuele, ma non contattatemi voglio solo finire i miei giorni in pace. All’epoca dei fatti qui narrati ero in licenza. Si era attorno al 8 settembre ero dai miei genitori in licenza quando fui richiamato d'urgenza presso il mio comando a Spezia. Lì quando arrivai il caos era indescrivibile e il Comandante Borghese fece ciò che doveva essere fatto: ci bloccò tutti in caserma consegnati e non volle consegnare nulla ai tedeschi che lo rispettavano molto, riorganizzò tutto ci fece sempre avere tutto ciò che serviva per difenderci da partigiani e da alleati anglo americani.
    Mi trovavo nei pressi di Savona verso il finire della guerra, io ed altri marò della decina avevamo partecipato a tante azioni anti partigiani. Perlopiù erano sbandati che si approfittavano di tutto e di tutti. Rubavano ed agivano da vili verso noi e civili. Molti giovani si arruolavano con noi ed erano appena sedicenni io venni catturato verso il 29 aprile con altri otto della mia compagnia, e parecchi della locale stazione della G.N.R di zona fummo ammassati e percossi dai partigiani che avevano un odio verso di noi indescrivibile. A turno venivano puniti fisicamente. Lì, riconobbi dei giovani che erano stati miei compagni di scuola giochi ed amici. Molti erano gente poco raccomandabili davvero. Io credevo che conoscendoli avrei potuto fare qualcosa invece mi trattarono come fossi un bestia mi picchiavano e insultavano arrivò un loro capo ci fece radunare e ci portò nei pressi del campo sportivo di Diano Marina. Lì cerano tedeschi italiani tutti morti e mutilati riconobbi il cadavere di un mio ufficiale di cui rammento solo il cognome era il capitano ...... Poi cominciò la mattanza. Un partigiano cominciò a dire di ucciderci subito perché avevamo visto troppo. Mi portarono in una stanza dove c’era una cesta e un ceppo sporco di sangue e una puzza disumana mi presero in 2 mi misero in ginocchio tolsero il telo da sopra la cesta rabbrividii dentro cera una decina di teste mozzate sentii vibrare un'ascia che si piantò vicino al mio orecchio destro e una voce mi disse: sei fortunato porco! Non sei un ufficiale e ti conosco, ora ti faccio andare via. Sarà la tua punizione vedrai cosa ti faranno i miei compagni vorrai che ti avvessi ucciso io. Uscii vomitando da là dentro, si vendicavano, era solo vendetta per cose avvenute prima del tipo: mi hai dato l’olio di ricino tu ed io t'ammazzo. Questa è la mia testimonianza. Mi salvai solo perché mi nascosi tra i cadaveri dei miei camerati. Pubblicatelo ma senza il mio nome. Grazie. Cordiali saluti.
 

COMPORTAMENTO DI SOLDATI TEDESCHI QUANDO NON SPARAVANO LORO ALLE SPALLE
Trascritta dal cyberamanuense Gianfranco Spotti
 
 
    L'episodio che voglio raccontare, narratomi diverse volte da mio padre Ennio molti anni fa, è un fatto realmente avvenuto e getta una luce diversa sui soldati tedeschi nostri alleati, in particolar modo dopo l'8 Settembre 1943. Erano all'incirca i giorni tra il 15 ed il 20 Settembre 1943, mio padre lavorava un fondo agricolo dal nome "Podere Croce " al civico N° 89 di Via delle Cinque Vie a Soragna (Provincia di Parma) assieme a mia madre, in quel mese in attesa del primo figlio, mio fratello maggiore, e mia nonna paterna. Era una giornata tiepida e soleggiata. Dalla cucina della casa i miei genitori udirono rumori di motori e voci di persone. Mio padre uscì e vide sulla strada una colonna di soldati tedeschi con alcuni camion ed alcune motociclette. Davanti al cancello stava un ufficiale tedesco. Mio padre si avvicinò al cancello e si accorse che si trattava di un capitano delle SS e così pure tutti i militari della colonna erano SS. L'ufficiale, di cui mio padre non ricordava il nome e nemmeno il reparto, si presentò parlando in un ottimo italiano che aveva imparato da ragazzo in un istituto religioso in Liguria e dove era rimasto fino al momento del suo arruolamento in Germania.
    Gli chiese se poteva accamparsi con i suoi uomini (circa 150) nell'area del podere agricolo per il tempo necessario a ricevere ordini via radio dal comando circa la destinazione del reparto. Vista la situazione, mio padre acconsentì, nonostante nutrisse alcuni timori e paure visto il periodo delicato che si stava attraversando. Iniziò l'allestimento dell'accampamento in un campo vicino al frutteto ed al vigneto. Vennero messi quattro punti di guardia per le sentinelle, uno per ogni punto cardinale. I miei genitori guardavano incuriositi tutti questi preparativi che avvenivano con ordine e disciplina e senza recare danno alle colture o alle infrastrutture del podere. Addirittura i servizi igienici furono allestiti in fondo al campo, scavati con vanga e badile dai militari tedeschi badando di creare una specie di "conduttura fognaria" che defluisse al fosso principale. Il capitano tedesco chiese poi a mio padre di poter utilizzare l'acqua del pozzo per le cucine e le docce. Mentre questi lavori erano in pieno svolgimento, l'ufficiale accompagnato da due guardie, chiese a mio padre di accompagnarlo per un giro di ispezione della casa colonica dalla cantina al soffitto per ragioni di sicurezza e per verificare che non vi fossero armi o estranei nascosti. Mio padre ovviamente acconsentì ma fu scosso da un brivido, non tanto per i mitra spianati dalle guardie con le quali faceva il giro dei locali della casa, ma per il fatto che il podere era di proprietà di italiani emigrati tempo prima in Inghilterra e divenuti poi, a tutti gli effetti, cittadini inglesi ed essendo in quegli anni l'Inghilterra in guerra con la Germania lascio immaginare cosa sarebbe successo se queste persone fossero state trovate sul posto o se fossero state rinvenute prove della loro presenza. Fortunatamente queste persone ritornarono in patria alcune settimane prima. Prima di sera, dello stesso giorno, mio padre si accorse che le cucine da campo tedesche erano state montate troppo vicino al fienile con rischio che qualche scintilla o qualche lingua di fuoco potesse causare un incendio. Il cuoco parlava solo tedesco e sembrava non capire le rimostranze di mio padre o forse, semplicemente, non aveva intenzione di spostare le cucine. Intervenne allora il capitano che con un severissimo e secco ordine, impartì ad alcuni militari di spostare il tutto lontano da fieno e paglia. Mio padre lo ringraziò del suo intervento.
    Dopo un paio di giorni tra la mia famiglia ed i militari tedeschi iniziava un rapporto amichevole e di reciproca fiducia. Nessun animale da cortile fu toccato, nemmeno il grasso maiale rinchiuso in un recinto all'aperto. Non un gesto di libero arbitrio da parte di alcun militare. Se avevano bisogno di qualcosa, questo veniva chiesto gentilmente tramite il loro ufficiale. Mio padre, durante i suoi racconti, si chiedeva spesso che cosa sarebbe successo se, al posto di 150 SS, si fossero accampati altrettanti partigiani, non certamente noti per la loro gentilezza nel chiedere le cose. Probabilmente non sarebbe rimasto nè una gallina, ne tantomeno il maiale. Alcuni soldati tedeschi, saputo dello stato di attesa di mia madre, si prodigavano a portarle ad assaggiare i cibi che normalmente cucinavano per loro. Mia madre, stupita e lusingata di queste loro attenzioni, accettava. Vi erano cose buone e altre meno, ma di queste ultime essa badava bene a non farlo capire ai militari per non offenderli o mancare loro di rispetto. Mia madre ricambiava facendo assaggiare ai militari i prodotti nostri tipici, ovviamente non sufficienti per 150 giovanotti ma che comunque apprezzarono molto. L'ufficiale tedesco arrivò addirittura a proporre a mio padre di mettergli a disposizione qualche suo ragazzo che lo aiutasse nei lavori in campagna, che, a quel tempo erano più duri di oggi. Mio padre ringraziò e disse che se fosse stato necessario, glielo avrebbe chiesto. Si instaurò così un rapporto quasi di amicizia e mio padre raccontò al capitano delle sue vicende di guerra in Spagna, in Grecia fino al congedo ottenuto a fine Dicembre del 1942. Il capitano prese allora ad invitarlo ogni sera dopo cena all'osteria "Stella d'Oro" nel centro del paese, assieme ad alcuni sottufficiali, per farsi una bevuta. I giorni passavano tranquilli e quei 150 "temibili" SS erano ormai di casa e spesso si udivano canti e musiche che uscivano da una specie di vecchia fisarmonica ed un armonica a bocca. Con l'avvicinarsi della fine di Settembre, l'uva del vigneto era in piena maturazione ed alcuni soldati chiesero il permesso a mio padre di raccogliere alcuni grappoli, perchè essi, essendo originari del nord della Germania, non avevano vitigni nelle loro zone. Mio padre fu lieto di accontentare questi ragazzi che non avevano più di venti anni e che, dietro alle austere divise da SS, erano normalissimi giovani come tanti altri.
    Un giorno avvenne un episodio che fece aumentare la tensione, seppur per qualche ora: un mattino un signore in bicicletta fu fermato da una sentinella tedesca vicino al cancello. Il capitano gli andò incontro chiedendo che cosa volesse. Il tizio chiedeva di mio padre e disse che doveva fare dei controlli nella casa colonica. L'ufficiale andò da mio padre riferendogli l'accaduto e gli chiese che cosa volesse veramente questa persona, perchè, a prima vista, non gli era piaciuta. Mio padre disse che si trattava di un controllo dell'Annonaria per controllare che nelle case di campagna non ci fossero cereali o granaglie non dichiarati e spiegò anche che, essendo i tempi quelli che erano, ogni contadino teneva qualche scorta nascosta, non dichiarata non per il gusto di commettere una frode, ma per garantire una migliore sussistenza della famiglia facendo il pane in casa, come spesso si usava allora nelle campagne. Se quel tizio avesse constatato quest'inadempienza, mio padre avrebbe ricevuto una denuncia ed una relativa ammenda che avrebbe sicuramente pesato non poco sui bilanci familiari, a quel tempo abbastanza magri. L'ufficiale tedesco, indignato dal fatto che iniqui controlli potessero togliere del pane ad una famiglia, disse a mio padre di stare tranquillo e che ci avrebbe pensato lui. Tornò dal tizio al cancello e gli disse che in quella casa era tutto a posto e che poteva ritornarsene da dove era venuto. Il tizio non si dette per vinto ed insistette che doveva entrare. A quel punto l'ufficiale arretrò di qualche metro, chiamò alcune delle sue SS e diede ordine di sparare per terra a pochi centimetri dalle scarpe del malcapitato. Questi, in un batter d'occhio, saltò sulla bicicletta scomparendo in brevissimo tempo e non si fece mai più rivedere. Un dettaglio importante è quello che mio padre, volutamente, omise di dire al capitano tedesco che quel tizio, che lui ebbe modo di vedere altre volte in paese, era un ebreo e che quindi gli era debitore per aver taciuto quest'informazione che gli salvò la vita. Tra la fine di Settembre e i primi di Ottobre del 43 il capitano ricevette l'ordine via radio dal comando di procedere in direzione di Cremona e quindi, un mattino, dopo aver smontato l'accampamento e dopo aver pulito e risistemato il campo il capitano andò da mio padre per accomiatarsi e per pagarlo del disturbo arrecato in quel periodo. Mio padre stupito di vedere quest'uomo, che rappresentava ormai un esercito "nemico" grazie ad un vile tradimento, prendere del denaro per ricompensarlo, gli prese la mano invitandolo a mettere via quei soldi perchè non voleva un centesimo. Gli chiese nome, cognome e indirizzo invitandolo a ritornare in Italia a trovarlo dopo che la guerra fosse finita. Il capitano, commosso, lo abbracciò e lo salutò sull'attenti, ordinando ai suoi 150 SS di fare altrettanto. Dopo pochi minuti la colonna si stava allontanando in direzione Nord. I miei genitori la guardarono finchè non scomparve in lontananza. Passarono gli anni e mio padre si accorse di aver perso quel biglietto che gli aveva dato l'ufficiale tedesco ma lo ha sempre ricordato con stima, affetto e nostalgia. Avrebbe voluto incontrarlo nuovamente dopo la guerra in momenti e clima diversi, ma purtroppo non ebbe più notizie di quel gentiluomo la cui divisa poteva forse incutere paura ma il cui animo traboccava di sincerità e dignità, doti assai rare negli animi dei "vincitori". 

UN EPISODIO DI "GIUSTIZIA" RESISTENZIALE
Trascritta dal cyberamanuense Massimo Mello
 
 
    Questa terribile storia l'ho sentita diverse volte dalle labbra di mio padre: il giorno 1 maggio 1945, il famoso capo partigiano "Gemisto" al secolo Moranino …tenne un discorso alla popolazione di Valle Mosso (BI), già improntato ad un futuro quanto mai rosso …….alla fine del discorso chiese ai compagni intervenuti cosa potesse fare per loro e questi gli chiesero di
portare loro il Tenente della GNR Cecora, per fargli la pelle ……. (Cecora comandava il presidio GNR di Valle Mosso nel 1944 e 1945).
    Detto fatto il giorno seguente venne prelevato dal campo sportivo di Novara e con un altro malcapitato, di cui non si conoscono le generalità, portato a Valle Mosso venne fucilato da un plotone d'esecuzione formato da partigiani 
nella piazza antistante la chiesa . Quando arrivò a Valle Mosso il povero Cecora aveva tutta la testa fasciata come un turbante per le botte che aveva preso precedentemente . Il parroco di Valle Mosso potè dare i conforti religiosi ai due condannati . Questo è quanto accadde il 2 Maggio del '45 a Valle Mosso, recentemente provincia di Biella . 

FAUSTO FORNACI PILOTA ANR: RICORDO DI UNO DEI TANTI EROI
Trascritta dal cyberamanuense 30178226@infinito.it
 
 
A ricordo di Uno dei tanti Eroi
Sergente Maggiore Pilota Fausto Fornaci! PRESENTE! Ricevuto da: 
Dopo 57 anni ti vogliamo ricordare, assieme a tutti gli Eroi.
Classe 1917, Umbertide (PG), veterano di Spagna, di Albania, di Russia.
Due Medaglie d’argento, due di bronzo, Croce di Ferro; 15 Vittorie in 60 scontri.
Quel 6 febbraio 1945 ti levasti dalla tua base di Osoppo assieme ai tuoi Camerati del 2ndo Gruppo Caccia ANR, 3za squadriglia "Diavoli Rossi". Forse stavi leggendo nella stanza di allarme ed hai riposto il libro nel giubbotto. Lo ho visto. Arrivo’ l’ordine di decollo e partisti con altri sei caccia Me 109, contro una formazione di 40 bombardieri americani scortati da caccia P-47 Thunderbolt. Altri camerati si erano levati da Villafranca e Orio. Siete in combattimento fra Garda e Vicenza, arrivano altri 50 caccia P-47 e P-51 Mustang. Si cerca di sganciasi. 
. Hai due Vittorie sicure e due presunte. Non riesci a sganciarti, sei la retroguardia, stai dando tempo ai Tuoi di andarsene. L’ultimo duello. Vieni colpito e Cadi. Non sei morto nello schianto. Ti hanno preso a 10.000 metri nel Tuo Cielo. 
Ti sei poi schiantato nella Tua Terra, nella Tua Patria che hai Onorato con la Tua Presenza.
Ho visto il tuo paracadute, il, tuo giubbotto, ho visto la tua bella faccia, la tua bara.
Ci hai solo preceduti, adesso ci dai ancora il coraggio di andare avanti con il Tuo insegnamento.
Grazie Sergente Maggiore Fornaci

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