RENATO SUTTORA CLASSE 1920. Battaglione Barbarigo.        

Trascritta dal cyberamanuense Piero Ferin


Ecco il testo corretto, ri allego la foto e la motivazione della sua medaglia. Qualsiasi  collocazione nel vostro sito sarà gradita. Ho sintetizzato una ricerca di 6 mesi, fitta di avvenimenti di particolari che hanno il sapore dell'incredibile ed emozioni indelebili. Sarei lieto se qualcuno si ricordasse qualche particolare che completi il quadro della vita di mio zio, un ragazzo idealista, sfortunato che ha pagato con la vita per una semplice rapina. Il mio obiettivo principale è che la sua storia non finisca di nuovo, dopo 60 anni di oblio, nel dimenticatoio. Se anche una sola persona leggerà le mie righe sarò contento.
  Piero Ferin nipote di Renato Suttora Sergente della III compagnia "Iride" del Battaglione Barbarigo.   Grazie
 
       RENATO SUTTORA CLASSE 1920 
        trascritta dal cyberamanuense Piero Ferin. Per scambio notizie scrivere a: ferinp@tin.it
      Renato Suttora, nato a Spalato il 06 agosto del 1920 da Ernesto e Caterina Tocigl.
      Il padre era comandante di navi mercantili, della madre non so niente tranne il fatto che era una donna che amava divertirsi, con il marito amava ballare e godersi la vita.
      E’ morta a 31 anni, il 23 dicembre 1928 uccisa dalla tubercolosi, lasciando il piccolo Renato ed Ernesto.
 
      Mio nonno si è occupato di lui come si faceva all’epoca e lo aveva affidato alle cure dei nonni materni; successivamente si è risposato con mia nonna.
      Poco si sa della vita di Renato fino al 1933/34 quando viene avviato al collegio di Mondovì dove ha frequentato il Liceo Beccaria.
      L’anno successivo una sua insegnante (Delfina Ortona) lo prende in casa con sé e diventa sua tutrice legale a causa della distanza che lo separava dalla sua famiglia e il fatto che il padre era sempre per mare. Lo istruisce e lo fa vivere come un ragazzo con una famiglia vicina.
     Una nota va dedicata a questa donna: fascista convinta, partecipa alla marcia su Roma. Ma ebrea. Trascorre il periodo di guerra ad insegnare privatamente. Morirà nel 1944 nel campo di sterminio nazista di Auschwitz Birkenau.
      Iscritto alla facoltà di agraria a Firenze, successivamente si arruola volontario nel corpo dei granatieri nel 27/2/1941. 
     Avviato sui campi di battaglia in Africa viene ferito una prima volta in modo serio nel gennaio 1942. 
     Il 10 settembre 1942 è aggregato alla scuola guastatori di Civitavecchia, il 20 ottobre finisce in ospedale ma non so perché, probabilmente una conseguenza del ferimento, perché gli viene concessa una convalescenza di 90 giorni.
     Dal 9 gennaio 1943 al 29 dicembre 1943 non si sa cosa abbia fatto, non ci sono registrazioni sul suo foglio matricolare.
     Il 29 dicembre 1943 si è arruolato nel battaglione Barbarigo X MAS con il grado di sergente.
     Il 18 marzo 1944 è stato ferito alla mascella destra nei pressi di Nettuno e fino alla fine di maggio è stato ricoverato in vari ospedali, l’ultimo quello di Torino. Il suo ferimento gli valse una medaglia al valore.
      Poi ha trascorso sicuramente la convalescenza a Mondovì ed era domiciliato in una stanza nelle vicinanze della sua fidanzata, la signora Maria .
      In settembre è partito alla volta di Trieste per comunicare al padre la sua volontà di sposarsi.   Di ritorno intorno al 20 settembre, è stato prelevato presso l’osteria Addis Abeba nel comune di S. Albano Stura (CN) da due partigiani (uno di loro di nome Peppino o Beppino). 
 In paese ancor’ oggi si ricordano cosa successe poi.   Il giorno 25 settembre il partigiano locale Antonino Chisci veniva ucciso alle porte del paese mentre da solo tentava di attaccare una colonna di truppe tedesche (circa 70 soldati); il giorno dopo veniva ritrovato nello stesso punto dov’era caduto il Chisci il corpo senza vita senza documenti, senza il suo bagaglio di un giovane. Quello prelevato i giorni precedenti.   Mio zio Renato.
       Il corpo veniva sepolto con una croce e solo qualche tempo dopo la signora Maria riusciva a far mettere una lapide sulla tomba, ma non c’è mai stata la possibilità di un riconoscimento certo.
      Negli anni sessanta per la rotazione delle tombe si è reso necessario l’esumazione della salma e il sindaco del paese, aveva tentato di rintracciare qualcuno della famiglia ma senza riuscirci.   Però aveva avuto la cura di non far disperdere i resti, che sono stati conservati nel cimitero. 
      Mia nonna mi ha raccontato pochissimo su di lui perché credo che sia stato come un figlio per lei, anche se non ha mai trascorso più di qualche mese assieme a tutta la sua nuova ed allargata famiglia .
      Probabilmente il dolore nel tempo è rimasto sempre uguale.
      Arriviamo ai giorni odierni: non so come mai, ma il 17 marzo 2006 ho iniziato una ricerca, fin troppo a lungo rimandata, risalendo a quanto scritto in meno di sei mesi.
      Tante coincidenze e una testarda ricerca mi hanno permesso di ridare memoria e un posto dove riposare ricordato da una lapide a mio zio Renato Suttora, sergente della III compagnia “Iride” Battaglione Barbarigo. 
      Tutti lo ricordano come un ragazzo buono, mai triste, “mato” che per noi triestini significa un po’ spaccone ma di quelli buoni un po’ incosciente, ma vista l’età credo sia comprensibile..
     Mio zio Glauco lo ricorda mentre si allenava al tiro del giavellotto…. nel corridoio della casa dove vivevano a Fiume…..mentre mia nonna mi raccontava sempre di quella volta che aveva portato Glauco (che aveva circa 7/8 anni) in barca a vela e per non farlo cadere in mare lo aveva legato all’albero.   Era alto e sportivo e praticava nuoto vela sci ecc.
     Una sua compagna di classe al liceo di Mondovì lo ricorda ancora per la sua bellezza ( che ci abbia fatto un pensierino??) e il suo spirito libero, sempre in cerca di avventure.
     La signora Maria invece ricorda la sua bontà d’animo e le sue “spacconate” da 18enne. 
    Una cosa che mi ha colpito, sono state le innumerevoli incredibili coincidenze di cui sono stato partecipe.
    Ne cito una per tutte: venendo a sapere per caso dell’esistenza della “fidanzata” decido immediatamente di recarmi a trovarla. La settimana successiva ero da lei, la quale mi ha raccontato che era da un po’ che non faceva che pensare a mio zio e lo aveva detto anche al marito ( che lo aveva conosciuto). Le ho chiesto se ricordasse quando aveva iniziato a ripensare a lui: venerdì 17 marzo. Praticamente nello stesso momento in cui io iniziavo le mie ricerche ( il 18 marzo del 1944 era stato ferito da una granata a Nettuno).
   Chissà che Renato non mi stia a guardare anche adesso.
   Chissà se c'è ancora qualcuno che lo ricordi?    Nella foto è il militare seduto in mezzo. 
                             Piero Ferin 
 

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