REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA: L'AEREONAUTICA NAZIONALE REPUBBLICANA



INTERVISTA CON GIUSEPPE BAYLON, PRIMO E ULTIMO CAPO DI S.M. DELL’AERONAUTICA DELLA RSI
Luigi Emilio Longo
Trascritto dal Cyberamanuense Fabrizio
 
    Non l'avevo mai incontrato prima, ma l'avrei riconosciuto fra mille. Il comandante Baylon di allora, quello delle foto anni Quaranta, rispetto a quello di oggi aveva qualche capello in più e qualche chilo in meno, e la barbetta alla Italo Balbo non è più nera come allora, ma l'aplomb è sempre a perpendicolo e quel modo di sorridere con gli occhi è lo stesso delle immagini che lo ritraggono ai tempi della Repubblica Sociale Italiana, durante gli incontri con i cacciatori di Visconti o gli aerosiluratori di Faggioni od i paracadutisti di Sala.
    Ha accettato di buon grado il colloquio, che lo distoglie dalla quiete fiesolana dove, da buon fiorentino, ha scelto di abitare, e si è abbandonato volentieri all'onda dei ricordi che gli fanno rivivere emozioni e sensazioni forse sopite ma certo mai cancellate.
    - Comandante, dove si trovava la sera dell'8 settembre 1943?
    - A Ronchi dei Legionari, aeroporto sul quale il 1° Stormo Caccia era stato dislocato al rientro dal ciclo operativo svoltosi negli ultimi tre mesi. Avevamo ceduto i velivoli in Sicilia al 4° Stormo, ed eravamo a riposo, in attesa del ripianamento della linea volo.
    - Dopo, cosa accadde?
    -Arrivarono i tedeschi, ci trasportarono a Pordenone, ma a poco a poco la quasi totalità del personale riuscì ad eclissarsi. Io, con qualche decina tra ufficiali e sottufficiali, fui portato a Verona e poi a Mantova, in un campo di concentramento.
    - Come ne uscì, e come entrò a far parte dell'Aeronautica della Repubblica Sociale?
    - Fu Botto che, non appena nominato da Mussolini Sottosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, si adoperò perché lo raggiungessi a Roma. Ci conoscevamo bene, sin dai tempi dell'Accademia, lui era del "Grifo", tre corsi dopo il mio, in Spagna avevamo combattuto insieme ed io avevo comandato il Gruppo "Gamba di Ferro", che si ispirava a lui ed alla sua mutilazione alla gamba, c'erano una stima ed un affetto reciproci. In quei frangenti non c'era bisogno di troppe spiegazioni... entrambi avevamo fatto la guerra sul serio, duramente, lui con tutta la sua gamba in meno... non era accettabile una fine del genere, cozzava contro ogni principio etico e contro quei valori che erano stati la struttura portante della nostra vita di ufficiali e di piloti... mi volle come suo Sottocapo, ci rimboccammo le maniche, dopo alcuni mesi avevamo rimesso in piedi 2 gruppi da caccia, 2 da trasporto ed uno di aerosiluranti più alcune squadriglie e gruppi autonomi.
    - Nutrivate speranze sulle sorti della guerra?
    - Non ci siamo mai fatti particolari illusioni. Ricordo che una delle prime cose che dissi ai miei collaboratori fu questa: "Ragazzi, da questa parte la guerra la perderemo, al Sud l'hanno già perduta".
    - Ernesto Botto: al di là di quanto è già stato detto, Lei che forse più d'ogni altro lo ha conosciuto in profondità può aggiungere qualcosa su di lui, specie per quanto riguarda quei soli 5 mesi che lo videro al vertice dell'Aeronautica della R.S.I.?
    - Botto era un uomo particolare, tutto d'un pezzo, lo sapevano tutti, nell'ambiente aviatorio ed anche fuori. Questa caratteristica di fondo fu la ragione prima della sua nomina a Sottosegretario e Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica (nella R.S.I., lo ricordo, i tre dicasteri militari erano stati unificati, in uno solo, quello della Difesa Nazionale, affidato a Graziani) ed anche della sua successiva destituzione. L'8 settembre era a Gorizia, comandante della Scuola Caccia, e stava per essere deportato in Germania avendo declinato le offerte di collaborare con le forze armate tedesche. Il suo nome fu fatto a Mussolini dallo stesso Graziani e da Renato Ricci, nell'intento di mettere alla testa dell'Aeronautica un uomo che godesse della massima popolarità e considerazione. Ed infatti, nell'arma, aveva un carisma ed un ascendente unici, al di là del fatto di essere una medaglia d'oro. Era l'uomo giusto. Per lui fu una sorpresa, ma non esitò un istante a mettersi al lavoro stimolato, oltre che da quelle ragioni morali di cui s’è detto, anche dalla possibilità di creare un qualcosa di nuovo, una struttura piccola, sì, ma piena di grinta, combattiva, così come l'avevamo sempre sognata tutti noi che la guerra l'avevamo fatta con convinzione, dandoci dentro, combattendo contro gli inglesi e la pochezza dei nostri alti comandi. E, spesso, i nemici più pericolosi non erano i primi.
    - Vedo che il tempo non ha lenito certe amarezze e certe frustrazioni...
    - Mah, cosa vuole, il discorso sarebbe troppo lungo e ci porterebbe lontano... Pensi solo che una volta, in Africa Settentrionale, il comandante aeronautico del settore Est, generale a "due stelle", alla mia accesa reazione dopo il rientro da una missione nella quale eravamo stati penalizzati dalle solite inefficienze tecniche, da tempo denunciate e mai risolte, rispose con queste parole: "Lei, Baylon, prende la guerra troppo sul serio". Non c'è bisogno di commento, mi pare. Mi viene in mente un altro episodio, occorso durante la notte dell'attacco a Taranto da parte degli aerosiluranti inglesi. Il generale che comandava la 4° Z.A.T. a Bari, se ne uscì con questa battuta: "Ma allora questa caccia che fa?" E la rivolgeva a me - eravamo a Grottaglie - comandante del 2° Gruppo C.T. che aveva in dotazione i CR32, lui, generale di squadra aerea, che evidentemente ignorava l'assoluta impossibilità di quel velivolo ad operare di notte... anche questo è un...episodio significativo...gliene potrei raccontare tanti altri...siamo andati avanti così per più di 3 anni...
    - Tornando a Botto, quali furono realmente i motivi della sua destituzione dall'incarico dopo appena cinque mesi?
    - Non era un uomo facile, cominciò subito a scontrarsi con i tedeschi, con Graziani, con Farinacci. Già poco dopo l'armistizio la Luftwaffe, nella persona del Maresciallo von Richthofen, cugino del più famoso "barone rosso" della I guerra mondiale e comandante delle forze aeree tedesche in Italia, e del suo capo di stato maggiore generale Muller, si era adoperata per costituire una Legione Italiana incorporata nel proprio ambito, forte anche del fatto che, subito dopo l'8 settembre, non pochi piloti vi erano già transitati e che era in corso un massiccio reclutamento di personale italiano nell'artiglieria contraerea, la Flak. Ora, a metà settembre 1943, nonostante fosse già stata ufficialmente costituita l'Aviazione Nazionale Repubblicana, i tedeschi continuavano ad emanare bandi di arruolamento per la Luftwaffe, in netta contrapposizione con quanto Botto stava facendo per ricostruire la nostra Arma. Lui, dopo una serie di discussioni anche violente con von Richthofen e Muller, premette su Mussolini che a sua volta intervenne presso Goering. Questi, comandante supremo della Luftwaffe, emise un comunicato nel quale si disponeva che gli ex appartenenti alla Regia Aeronautica, dovunque si trovassero, erano da considerarsi come facenti parte dell'A.N.R.; che tutti i volontari già in servizio presso la Luftwaffe vi sarebbero rimasti "finché fossero indispensabili per ragioni di servizio ed in veste di "comandati" dall'Aeronautica italiana; che infine si restituisse parte dei velivoli, delle infrastrutture aeroportuali, dei carburanti, lubrificanti e munizioni catturati dopo l'8 settembre. A dirla così, oggi, non dà l'idea delle difficoltà che allora Botto dovette superare, e dei risentimenti che gliene derivarono da parte tedesca.
    - E con Graziani e Farinacci?
    - Graziani, se pur per tanti aspetti diverso dal cliché del tipico generale di allora, era pur sempre un uomo che, per età e per conformazione generazionale, non poteva accettare di buon grado l'atteggiamento "rivoluzionario" che, senza mezzi termini, Botto esibì sin dal primo momento. Certo non mandò giù tanto facilmente, ad esempio, la preclusione che Botto enunciò verso i generali. Ritorno a quello che ho detto prima... questa "nostra" creatura che nasceva, di per sé piccola e certamente destinata a non crescere più di tanto, non doveva trainarsi dietro le zavorre di sempre... Di generali del ruolo naviganti avevano subito aderito in 5 o 6, tra cui Tessari, Bonomi, Biseo, gli altri non mi vengono in mente... per noi erano pure troppi, Botto fu costretto ad accettarli ma li collocò in posizioni piuttosto emarginate...
    - In sostanza, la vostra avrebbe potuto essere definita l'Aeronautica "dei tenenti colonnelli", o sbaglio?
    - Non sbaglia affatto. Tenenti colonnelli eravamo Botto, massimo esponente quale Sottosegretario, ed io, che verso la metà di novembre ero divenuto Capo di Stato Maggiore, e tenenti colonnelli erano Simini, Raina, Cadringher, Falconi, Vosilla, Foschini, Dalmas, Bonzano, Vizzotto, tutti quelli cioè che ricoprivano incarichi operativi... di colonnelli mi pare che ci fosse Angelo Tondi, Morino e Molfese, che però era del Ruolo Servizi... sicuramente anche qualche altro, ma è passato tanto tempo... Comunque, uno dei punti fermi di questa "nuova" Aeronautica era che, fino al termine della guerra, non vi sarebbero state promozioni di grado per nessuno. Fu fatta un'eccezione solo per Visconti e Marini, comandanti rispettivamente del 1° Gruppo Caccia e del Gruppo Aerosiluranti, promossi da capitano a maggiore, ma ciò più come atto di riconoscimento verso i suddetti reparti che non a titolo di gratificazione personale.
    - Qual'è la sua opinione sull'assassinio di Visconti?
    - Non ho altri elementi più di quelli a tutti noti. Visconti era un uomo di gran carattere, pieno di dignità... è probabile che non abbia tollerato certi atteggiamenti offensivi dei partigiani... gliel'hanno fatta pagare alla loro maniera...
    - E i contrasti fra Botto e Farinacci?
    - Beh, Farinacci era l'esponente più massimalista ed intransigente del Partito Fascista Repubblicano, certo non gradiva la posizione politicamente poco impegnata di quasi tutti noi. Di veri fascisti, in effetti, c'erano solo Simini e Morino; gli altri, tutti piuttosto tiepidi o "afascisti”.
    D'altra parte, mai nessuna pressione venne esercitata dal P.F.R. perché gli ufficiali dell'A.N.R. si iscrivessero al Partito. Botto aveva trattato duramente - e meritatamente - alcuni giovani ufficiali pupilli di Farinacci, e poi la sua azione di indipendenza nei confronti dei tedeschi era troppo in aperto contrasto con la linea opposta seguita dal gerarca di Cremona. Molti episodi furono anche distorti, gonfiati e strumentalizzati, come sempre... Botto era un onesto, un integerrimo, incapace di compromessi e di mezze misure, per certi versi era anche un ingenuo, diceva pane al pane e vino al vino senza curarsi delle conseguenze che gliene potevano derivare, con questi atteggiamenti andava pestando i piedi a parecchia gente e relativi interessi... non poteva durare più di tanto...
    - Fu sostituito dal generale di brigata aerea Arrigo Tessari ai primi di marzo 1944, e Lei fu "retrocesso" da Capo a Sottocapo di Stato Maggiore, vero?
    - Esatto. Tessari volle ed ottenne che le due cariche di Sottosegretario e di Capo di Stato Maggiore fossero unificate nella sua persona, ed io fui nominato suo Sottocapo.
    - Lei, però, in seguito divenne nuovamente Capo di Stato Maggiore. Può spiegare il motivo di tale alternanza?
    - Io rimasi Sottocapo con Tessari fino a quando, alla fine di agosto 1944, questi fu sostituito dal colonnello Molfese. Fui allora nuovamente nominato Capo di Stato Maggiore, essendo state le due cariche ancora disgiunte, e tale rimasi anche quando Sottosegretario divenne il generale Bonomi, fino alla fine della guerra.
    - Tessari, Molfese, in parte anche Bonomi... personaggi non di primo piano, o no?
    - In effetti sì, in Aeronautica non erano stati mai alla ribalta, ad eccezione di Bonomi che aveva comandato l'aviazione legionaria in Spagna. Tessari non aveva mai goduto di carisma e di ascendente presso i piloti, e la sua popolarità venne ancora meno quando sostituì Botto, operazione alla quale, secondo l'interpretazione forse eccessiva della gente dei due Gruppi Caccia, non avrebbe dovuto prestarsi. Rammento in proposito una contestazione piuttosto energica durante una visita al 1° Gruppo, quello di Visconti, sull'aeroporto di Ravenna o di Reggio Emilia; dovetti intervenire personalmente per calmare gli animi. Molfese, addirittura, era un colonnello del Ruolo Servizi, già consigliere nazionale del P.N.F.. Era un brav'uomo, piuttosto modesto. Fu lui che mi rivolle come Capo di Stato Maggiore, ma non si curò di informarmene direttamente, tanto che lo venni a sapere dai giornali. Durò poco, forse nemmeno un mese. Bonomi lo ricordo come una persona tranquilla, equilibrata.
    - Un quadro abbastanza opaco...
    - Certo, ma l'A.N.R., oltre che in Botto, si configura soprattutto nei nomi di Visconti, Marini, Arrabito, Faggioni, Bellagambi, Tomaselli, Gorrini, Drago, Miani e di tanti altri che andavano per aria a menar le mani. Comunque, anche quegli altri si erano esposti, avevano tutto da perdere pure loro. La stragrande maggioranza, invece, compresi alcuni tra coloro che poi, nel dopoguerra, avrebbero fatto carriera raggiungendo i sommi vertici, stava a guardare aspettando gli eventi. Mi sovviene di due generali, che negli anni Cinquanta sarebbero diventati Capi di Stato Maggiore dell'Aeronautica: inizialmente si erano messi a disposizione, alla condizione però di avere incarichi "importanti". Era la stessa solfa di sempre. Poi, dopo l'aprile 1945, cercarono in tutti i modi di rifarsi una verginità e ci riuscirono, loro come tanti altri. Anche la vicenda di un colonnello, capo del Nucleo Collegamento dell'A.N.R. a Roma sino all'ingresso degli alleati, sia pure con compiti puramente assistenziali, e poi dopo due mesi Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica al Sud, non è che sia un modello di chiarezza. Ma, per carità di patria, è meglio che chiudiamo qui l'argomento...
    - Quali furono i suoi rapporti con Graziani?
    - Con il Ministro della Difesa Nazionale ho avuto frequenti contatti tenendo conto che, quale Capo di Stato Maggiore dell'A.N.R., comunicavo direttamente con lui. Non furono incontri sempre distesi, l'uomo non era anche lui un carattere facile, era oppresso da responsabilità e problemi enormi, come ho detto all'inizio non gli era neanche facile trattare con un Capo di Stato Maggiore di forza armata che, tutto sommato, era pur sempre un tenente colonnello di 35 anni. Un primo grosso scontro lo avemmo nell'estate del 1944, poco dopo il famoso "golpe" con il quale von Richthofen aveva cercato di sciogliere l'A.N.R. incorporandola nella Luftwaffe. Graziani mi convocò per dirmi che aveva concordato con il generale von Pohl, sostituto di Richthofen, la dipendenza disciplinare del personale dell'A.N.R. dalla Luftwaffe. Mi opposi, riaffermando come tale dipendenza non potesse essere altro che dal Capo di Stato Maggiore dell'A.N.R.. Entrambi tesi ed irritati, andammo da Mussolini che si espresse nel senso che, se il protocollo era stato firmato, non poteva ormai che essere accettato. "Non da me, Duce", gli risposi, dicendomi disposto a rassegnare le dimissioni. Mussolini volle che Graziani, il giorno dopo, tenesse rapporto, insieme a Bonomi ed a me, a tutti i comandanti dei reparti, che non ebbero la minima esitazione ad allinearsi con la mia posizione. Più tardi, ebbi la soddisfazione di una telefonata da parte del colonnello Neumann, comandante della caccia tedesca in Italia, che conoscevo sin dai tempi dell'Africa Settentrionale e con il quale c'era un rapporto di sano cameratismo, da pilota a pilota: "Il tuo punto di vista è stato accettato, continua così".
    Un altro dissidio lo ebbimo quando Graziani, che a onor del vero doveva vedersela ogni giorno con i tedeschi e le loro pressioni, non aveva saputo o potuto opporsi alla richiesta che, a seguito della ormai grave penuria di benzina, il personale dei nostri due Gruppi da trasporto che operavano in Germania rimanesse lì, incorporati nella Luftwaffe o nella Flak. Io mi opposi, al che Graziani accettò che rientrassero i piloti ma non gli specialisti e la truppa. Non potevo accondiscendere, e scavalcando il Ministro - era un'insubordinazione, certo, ma in quei frangenti, ormai, c'era ben poco spazio per l'ortodossia - inviai un fonogramma piuttosto secco allo Stato Maggiore della Luftwaffe nel quale, dopo aver ribadito che tutti dovevano rientrare in Italia, specificavo che qualunque opposizione a questo ordine dell'A.N.R. doveva essere considerato un vero e proprio atto di ostilità. I tedeschi come spesso accadeva quando si mostravano loro i denti, non fecero opposizione, ed il personale dei due Gruppi rientrò in Italia per andare a costituire reparti antiparacadutisti dotati di mitragliatrici leggere per la difesa delle basi.
    - Mussolini: ha avuto molte occasioni di vederlo? Che impressione ne ha riportato?
    - Ho avuto con lui 3 o 4 colloqui in tutto. Ne ho riportato l'impressione di un uomo che incuteva una grande soggezione a tutti, il cui fascino ed il cui carisma non erano minimamente scemati. Era affabile, cordiale, quasi "dolce": voce suadente, persuasiva. Era lucidissimo, vedeva il fondo di ogni problema, anche quelli che non conosceva. Sempre essenziale, senza andare fuori strada. Un paio di volte mi sono recato da lui con Molfese che, emozionantissimo, balbettava, tanto che il Duce fece un gesto con la mano e, rivolgendosi a me, mi invitava a proseguire: "Parlate voi, Baylon".
    - L'A.N.R. inquadrava anche reparti non di volo, vero?
    - Certamente, l'artiglieria contraerea, le unità antiparacadutiste ed i paracadutisti. Questi ultimi, come impegno e rendimento, erano alla pari con i Gruppi da caccia e gli aerosiluranti. Con i loro comandanti, tenente colonnello Dalmas e maggiore Sala, avevo un ottimo rapporto.
    - Comandante Baylon, in sintesi, quali furono i presupposti ideali e morali e gli intenti pratici alla base della ricostruzione dell'Aeronautica durante la R.S.I.?
    - Glieli riassumo così: sul piano ideale e morale, un atto di coerenza e di dignità verso noi stessi e verso i colleghi caduti in tre anni guerra, salvaguardando quell'onorabilità di combattenti che una parte di noi non aveva mai perso, né di fronte all'alleato né di fronte al nemico. Sul piano pratico, contrastare per quanto possibile le incursioni aeree sempre più violente e terroristiche che gli anglo-americani continuavano a portare, nonostante il ruolo di "liberatori", sulle nostre città. Ne tirammo giù alcune centinaia, pagando un elevato tasso di perdite fra il nostro personale aeronavigante. Inoltre, tutelare il personale dalle rappresaglie e dall'internamento da parte dei tedeschi, opporsi il più possibile alle loro distruzioni ed appropriazioni di infrastrutture e materiali e dare assistenza a tutti gli appartenenti all'Aeronautica, senza discriminazioni di sorta. Vorrei sottolineare a questo proposito come l'A.N.R. considerò tutti gli uomini della Regia Aeronautica al Sud, quelli sbandati od in stato di clandestinità e tutta la gran massa degli "attendisti" come "dispersi", corrispondendo stipendi ed indennità a tutti. Particolare attenzione, sotto questo aspetto, fu rivolta alle famiglie dei caduti, dei prigionieri nonché a quelle dei nostri colleghi che stavano prestando servizio al Sud. Lei immagini quale è stata la nostra amarezza quando, una decina di anni fa, le autorità aeronautiche hanno rifiutato, ad un gruppetto di noi ex appartenenti all'A.N.R., l'ingresso all'aeroporto di Campoformido per deporre una corona su una vecchia lapide che ricorda i caduti del 1° Gruppo Caccia.
    Vorremmo rispondergli che non deve stupirsi, che è già molto che ci fosse ancora una lapide, che su cialtronerie di questo genere si sono costruite, dopo la guerra tante carriere. Ma si è fatto tardi. Un residuo di bagliore di sole, da dietro la collina fiesolana, fa da suggello all'incontro con Giuseppe Baylon, primo ed ultimo Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana.
     Un breve profilo professionale per presentare il personaggio:
     Classe 1909, allievo e capocorso del Corso "Drago" in Accademia Aeronautica (1926-1929), dopo aver prestato servizio presso reparti di idrovolanti e da caccia ed un breve periodo in Etiopia, svolgeva per due anni l'incarico di aiutante di volo del generale Pricolo, all'epoca comandante della 2° Zona Aerea Territoriale a Padova. Partecipava quindi alla guerra di Spagna, al comando della Squadriglia e poi del Gruppo "Gamba di ferro", guadagnando una medaglia d'argento e la promozione da capitano a maggiore per merito di guerra. Fra il 1938 ed il 1939 era comandante del 2° Gruppo del 6° Stormo Caccia; mobilitato durante le operazioni per l'occupazione dell'Albania, assumeva il comando della caccia sull'aeroporto di Tirana. Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo trovava al comando del 2° Gruppo Autonomo C.T., e con esso partecipava ad un ciclo operativo in Africa Settentrionale dal gennaio all'agosto 1941 - per il quale veniva insignito dell'Ordine Militare di Savoia - ed alla successiva fase di riorganizzazione sull'aeroporto di Ravenna. Dal febbraio 1942 al marzo 1943 prestava servizio presso lo Stato Maggiore Aeronautica, preposto alla Sezione Caccia dell'Ufficio Armamenti Aerei e curando la messa a punto di tutti i velivoli della serie "5". Promosso tenente colonnello e destinato al comando del 1° Stormo Caccia, dall'aprile al luglio 1943 lo guidava nei combattimenti svoltisi fra Tunisia, Pantelleria e Sicilia fino all'8 settembre.
 
STORIA VERITA’ n. 6 Maggio-Giugno 1992  (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI) 

L’AVIAZIONE MILITARE NELLA R.S.I. Pagine di un trentennio LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
Nino Arena
 
 
    Fra le FF.AA. della RSI non poteva ovviamente mancare l'Arma Azzurra, elemento di grande importanza nella guerra moderna, motivo fondamentale di presenza nelle nuove energie combattive approntate in vista di riprendere la lotta in comune con l'alleato germanico, rispettare i patti sottoscritti dall'Italia, salvaguardare l'onore militare compromesso con l'armistizio badogliano.
    L'aviazione repubblicana, denominata ufficialmente Aeronautica Nazionale Repubblicana, nacque dalla volontà degli aviatori a non estraniarsi dalla lotta, e dalla necessità di proteggere le vite e i beni degli italiani duramente colpiti dalle incursioni terroristiche degli alleati.
    Lo stesso giorno in cui venne proclamato l'armistizio - 8 settembre 1943 - gli aviatori avevano partecipato a missioni offensive, ignari di ciò che si stava tramando alle loro spalle di leali combattenti: aerosiluranti attaccavano navi angloamericane nel golfo di Salerno, caccia intercettavano bombardieri nemici su Frascati (6000 morti), bombardieri colpivano obiettivi nemici nel Mediterraneo e bande di partigiani in Jugoslavia, ricognitori eseguivano missioni di controllo sui mari e sui confini della Patria. Ovunque si vigilava, si faceva il proprio dovere di soldati, si eseguivano gli ordini dei comandi con disciplina, abnegazione, sacrifici, senso di responsabilità.
    Taluni reparti continuarono nel giorni successivi le missioni, decine di piloti si presentavano per continuare la lotta con i tedeschi in un moto spontaneo di ribellione e di volontà di riscatto. Solo una minima parte degli aviatori, in osservanza degli ordini impartiti dagli alleati (Gen. Kannon dell'USAAF) si portavano al sud d'Italia con circa 250 aerei di ogni tipo; la stragrande maggioranza rimase sorpresa sui campi d'aviazione (nella zona di Roma sostavano circa 200 caccia che non avevano partecipato ai combattimenti svoltisi nei pressi della capitale, N.d.A.), molti si sbandarono, altri rimasero in attesa degli eventi fra incognite e speranze.
 
    A riscuotere gli apatici intervenne il Colonnello M. 0. Ernesto Botto, il famoso "gamba di ferro" di Spagna, che con un appello accorato chiamò a raccolta gli aviatori per riscattare l'Onore d'Italia. Molti accorsero al richiamo fascinoso del valoroso pilota: si riformarono i reparti, i comandanti chiamarono a raccolta piloti e specialisti, si diede inizio, con grande fervore ed entusiasmo, alla ricostituzione dell'aviazione su nuove basi, con rivoluzionari criteri d'azione, con nuove speranze. I risultati non si fecero attendere poiché migliaia di aviatori di ogni Specialità accorsero all'appello dell’Italia, radunandosi nel luoghi convenuti.
    Gran parte del 3° Stormo Caccia, dislocato a difesa di Roma sui campi di Cerveteri e Palidoro, volò al nord con i suoi Macchi diretto sul campo di Orio al Serio; altri piloti e aerei isolati si misero a disposizione in Italia, Jugoslavia, Francia, Egeo, Sardegna e Corsica, mentre i tedeschi catturavano un enorme bottino con oltre 4.500 aerei di ogni tipo fra cui circa 1.600 fra caccia, bombardieri, aerosiluranti, cacciabombardieri, ricognitori e il resto costituito da trasporti, velivoli scuola, idrovolanti, aerei da addestramento/collegamento. Di questa massa di aeroplani poco più di un migliaio furono trasferiti in Germania su aeroporti appositamente designati; 1.200 vennero incorporati nella Luftwaffe (caccia, ricognitori, trasporti, collegamento) il resto, circa 2.500 velivoli e non meno di 10.000 motori avio, furono demoliti in Italia, mentre le officine aeronautiche lavorarono sotto controllo tedesco per produrre aerei selezionati come tipo e utilizzazione immediata: caccia (circa 250 esemplari), trasporti (oltre 400 trimotori/quadrimotori), ricognitori/addestramento (350 aerei), bombardieri un centinaio fra monomotori CR. 42, Cant. 1007 ter (trimotori).
    Con la nascita dell'ANR si pose il problema di come equipaggiare i nuovi reparti e si convenne di dotare la caccia di aerei competitivi (G. 55 e MC. 205); i reparti aerosiluranti, per mancanza di materiale idoneo, furono dotati dei vecchi SM. 79, modificati con motori potenziati, attrezzature e strumentazioni moderne, migliore armamento; i trimotori Cant. 1007 ter andarono ai reparti da bombardamento. Si trattava di materiale nuovo di fabbrica ad eccezione dei SM. 79 e di qualche decina di caccia recuperati, mentre la Luftwaffe incorporava gli altri velivoli di nuova produzione fra cui 300 trimotori da trasporto SM. 82 e una ventina di quadrimotori P. 108/C che resero grandi servizi sul fronte orientale.
 
    La legge istitutiva dell'ANR e il relativo ordinamento si articolavano sul Sottosegretariato di Stato per l'aeronautica che fu affidato nell'ordine: Col. M.0. Ernesto Botto, Gen. B. A. Arrigo Tessari, Col. Manlio Molfese, Gen. B. A. Ruggero Bonomi. Lo Stato Maggiore dell'Aeronautica era al comando del Col. pilota Giuseppe Baylon; vennero creati gli Ispettorati per la Caccia, Aerosiluranti, Trasporti (furono aboliti quelli per il Bombardamento, Ricognizione marittima e Osservazione aerea in quanto non attuabili); istituiti 6 comandi di Raggruppamenti: Piloti, Accademia Aeronautica, Allievi, Guardie, Artiglieria Contraerea, Paracadutisti; Uffici speciali, reparti autonomi ministeriali, servizi vari oltre alla organizzazione territoriale con le ZAT di Padova e Milano (venne abolita la ZAT di Firenze), magazzini, caserme, depositi, uffici di sorveglianza, aeroporti, servizi tecnici, telecomunicazioni ecc.
    Le novità di rilievo dell'ANR, furono l'assegnazione all'Arma Azzurra dell'Artiglieria contraerea (AR.CO.) e dei reparti Paracadutisti che prima dell'armistizio avevano diversa dipendenza.
    La collaborazione dell'ANR nella rinnovata alleanza con la Germania, venne impostata sul seguenti presupposti d'impiego:
    1)Partecipazione difensiva esplicata con l'AR.CO. e con i reparti da Caccia. 
    2) Intervento offensivo da osservare con aerosiluranti/ bombardieri, reparti paracadutisti.
    3)Impegno ausiliario con i reparti da trasporto, il Servizio Avvistamento.
    4)Impegno complementare con servizi tecnici, di assistenza al volo, di guardia e sicurezza impianti. Era dunque una partecipazione totale articolata in diversa misura e in considerazione delle singole componenti d’impiego. Furono successivamente abolite talune specialità esplicate direttamente dal tedeschi e sciolti i reparti da bombardamento, considerando il rifiuto e la riluttanza di Mussolini di impiegare i bombardieri sul territorio nazionale per non causare danni e vittime fra gli italiani (l'aviazione del sud bombardò zone dell'Istria abitate da connazionali), di impiegare i bombardieri in Jugoslavia come suggerito in alternativa dai tedeschi. Di conseguenza venne disciolta la Sqd. autonoma BT "Ettore Muti" con circa 30 bombardieri in carico e 450 fra specialisti e piloti (venne assegnata ai reparti da trasporto). Si addivenne invece ad una più larga partecipazione di uomini e di intenti nella Flak, che doveva sopperire, nella strategia tedesca del fronte italiano, alla modesta presenza della caccia per ostacolare le incursioni alleate nel nord Italia. Con tale impegno l'ANR assegnava circa 60.000 reclute alla Flak distribuite in 21 Gruppi di 11 Rgt., e, contemporaneamente, altri 90.000 uomini tratti dai campi IMI della Germania (fra cui 10.000 carabinieri) andavano in carico al comando generale della Flak che li impiegò in Belgio, Francia, Jugoslavia, Olanda, Germania. Una collaborazione preziosa e molto apprezzata esplicata fuori dei confini italiani. Alla difesa contraerea dell'ANR furono assegnati altri 8.000 uomini del Servizio Segnalazione e Scoperta Aereo, distribuiti fra numerosi posti di avvistamento e in 2 battaglioni specialisti del 200° Rgt. avvistamenti aerei della Luftwaffe (Flugmelde Rgt), incaricato di segnalare la presenza di aerei nemici con postazioni di radiolocalizzatori distribuiti su tutto il territorio nazionale (FM. "Freya") in collaborazione con i comandi di zona, le postazioni guidacaccia, settori difensivi AR.CO./Flak.
    Il Raggruppamento Piloti comprendeva circa 1.800 piloti già veterani di guerra, ma bisognevoli di ulteriore addestramento su nuove tecniche di combattimento per i caccia (guida caccia assistita), aerosiluranti (volo con altimetro di bassa quota) per sfuggire alla sorveglianza radar e di radio-assistenza per tanti piloti di cui era prevista la riconversione di Specialità; soprattutto il passaggio dalla Specialità Bombardieri/Ricognitori alla Caccia, mediante corsi di qualificazione da svolgere in Germania, in previsione di assegnare velivoli Messerschmitt Bf. 109.
    Il Raggruppamento Accademia comprendeva circa 140 allievi dei corsi regolari "Aquila 20" e "Zodiaco" che non fu possibile brevettare piloti per una serie di difficoltà (fra cui la penuria di carburante), ma che vennero ugualmente assegnati ai reparti di volo per compiti ausiliari dopo la promozione ad ufficiali. Il Raggruppamento Allievi aveva ugualmente il compito di curare la preparazione per il conseguimento del brevetto di pilota a circa 160 elementi, prescelti prima dell’armistizio per l'assegnazione alle scuole di pilotaggio come ufficiali e sottufficiali di complemento, allievi che si trovarono nelle stesse condizioni degli accademisti, ma che in mancanza di attività volativa furono successivamente assegnati al Raggruppamento Paracadutisti. Ci fu in verità, nella primavera del 1944, un tentativo di riprendere l'attività di volo radunando sull’aeroporto piemontese di Casabianca una quarantina di aerei scuola, ma una incursione dell'aviazione americana, su segnalazione della resistenza, provocò la distruzione degli aerei e la fine di ogni speranza di volare per i giovani allievi, che transitarono a richiesta nei reparti paracadutisti, comportandosi splendidamente in combattimento. Il Raggruppamento Guardie si occupava invece della protezione degli aeroporti, impianti tecnici, assistenza al volo e comprendeva numerose compagnie per circa 4.500 avieri. L'AR. CO. (costituita dopo lo scioglimento della MACA) era al comando del Generale B. A. Pietro Fiaschi e disponeva di circa 18.000 artiglieri e specialisti suddivisi in 8 gruppi operativi (fra cui uno di nebbiogeni), dislocati a difesa del territorio nazionale (soprattutto nel Veneto) disponendo di circa 300 pezzi c.a. e di non meno di 400 mitragliere per il tiro a bassa quota. Aveva materiale d'armamento molto efficiente con cannoni da 90/53, centrali di tiro BGS asservite con radiolocalizzatori "Wurzburg" (FM. 65/D). Disponeva, a Marostica e Bassano del Grappa, di scuole di specializzazione, di 3 Depositi di personale (Monza, Padova, Mestre), 4 Centri di raccolta (Milano, Genova, Bassano del Grappa, Bolzano).
    Parte degli artiglieri erano stati specializzati in Germania per il tiro assistito con RDL ed alle tecniche in uso nella Flak. Infine il Raggruppamento Paracadutisti (Ten. Col. pilota Edvino Dalmas) si avvaleva di un comando e servizi, di una Scuola Allievi sita a Tradate nel Varesotto, di un Btg. d'istruzione composto di volontari giovanissimi, di reparti anziani e allievi piloti, di provetti istruttori provenienti dalle scuole paracadutisti di Tarquinia e Viterbo. Era ancora da definire, nella primavera del 1944, la situazione giuridica dei reparti, poiché sussistevano btg. dell'Esercito e reparti dell'Aeronautica dislocati fra la Lombardia e l'Umbria.
 
I reparti operativi
 
    L'eccessivo numero di piloti in relazione al materiale di volo disponibile, consigliò allo SM/ANR una prima selezione fra coloro che avevano operato con aerei moderni (Re. 2005, G. 55, MC. 205) da assegnare ai reparti operativi, riqualificando, come già accennato, i restanti piloti con un accordo stabilito con la Luftwaffe che prevedeva un primo corso addestrativo sull'aeroporto di Liegnitz, cui avrebbero fatto seguito altri corsi in Germania. Furono quindi selezionati circa 300 piloti di provata esperienza da assegnare a 3 gruppi Caccia di recente istituzione ed ad un gruppo complementare costituito per ripianare perdite e organici.
    Quale materiale di volo vennero scelti inizialmente caccia MC. 205/V e Fiat G. 55, considerati idonei a competere con il materiale nemico composto da Spitfire IX, Thunderbolt P. 47 e Lightning P. 38, cui si aggiunse più tardi il famoso Mustang P. 51. Era impensabile e controproducente continuare ad usare aerei, come nel passato, obsoleti tecnicamente, considerando l'evoluzione della guerra aerea, il potente armamento in uso, la potenza e velocità la tecnica di guida-caccia radioassistita con controllore e impiego di radiolocalizzatori, di cui facevano ormai largo impiego tedeschi e alleati. I primi aerei G. 55 e MC. 205 provenivano dal recupero (circa una cinquantina di esemplari), ma gli altri furono forniti dalle fabbriche fra l'autunno e l'estate 1944, allorché cessò la produzione per i bombardamenti alleati sulle industrie aeronautiche e vennero assegnati caccia Messerschmitt del tipo più avanzato (Bf. 109/G. 10 e K. 4). Complessivamente l'ANR disponeva nel 194 di circa 34.000 uomini di ogni specialità: dai reparti di volo, a quelli a terra, dall'AR.CO. al SSA, dai servizi tecnici ai paracadutisti. Il materiale di volo superava, fra recuperi e nuove assegnazioni, i 700 esemplari, cui si aggiunsero, fra l'autunno del 1944 e la primavera del 1945, circa 300 caccia Bf. 109. Una forza di tutto rispetto con personale scelto e materiale nuovo ed efficiente. I reparti da caccia furono ordinati su gruppi di 3/4 squadriglie con circa 60 velivoli in carico in modo da disporre sempre di una massa d'impiego non inferiore al 35/40 aerei, considerata sufficiente a fronteggiare la presenza dei caccia di scorta ai bombardieri o degli squadroni Fighters che compivano missioni offensive sul territorio della RSI. Furono quindi costituiti 3 Gruppi Caccia: I° Asso di Bastoni, 2° Diavoli Rossi, 3° Baracca, cui erano da aggiungere la Sqd. complementare "Bonet/Montefusco", il 101° Gruppo CT (poi disciolto) una Sqd. autonoma da CN (poi disciolta).
    Per il bombardamento si ebbe, come già accennato, la Sqd. aut. BT "Muti" (poi disciolta), mentre i reparti Aerosiluranti furono ordinati su un gruppo con 3 sqd., due sqd. addestrative (una per il passaggio/complementare, l'altra per il volo senza visibilità strumentale).
    Una sezione VIP con 2 aerei da trasporto SM. 79 era a disposizione del Q. G. del Duce per servizi speciali. La disponibilità di SM. 79/AS era di circa 80 trimotori.
    La Specialità Trasporti aveva in carico il l° Gruppo AT "Terracciano" e il 2° Gruppo AT "Trabucchi", il Gruppo autonomo "De Camillis" a disposizione della 2a Luftflotte (Maresciallo Wolfram von Richtofen); il Gruppo Trasporto Velivoli (GTV) con a disposizione numerosi piloti e specialisti incaricati di trasferire aerei dai depositi e dalle fabbriche sugli aeroporti operativi o sui campi di raccolta in Austria-Germania (operò trasportando alcune migliaia di velivoli italiani catturati dai tedeschi) prelevando dai campi aerei per l'ANR.
    Erano disponibili per la Specialità Trasporti circa 300 piloti e 120 trimotori SM. 81, SM. 82, G. 12, Cant. 1007.
    Uno speciale reparto denominato RAC (Reparto Aereo di Collegamento) aveva sede sul campo di Bresso ed aveva il compito di trasportare urgentemente materiali e uomini sul territorio nazionale e oltre i confini.
    Lo comandava il Magg. Bernardo Quattrociocchi ed aveva una trentina di aerei diversi che andavano dai trimotori ai bimotori (SM. 79, SM. 75, G. 18, Ca. 309) per finire a caccia, monomotori scuola/allenamento, alianti, necessari per assolvere compiti eterogenei e di servizio speciale (corrieri, trasporto valori, trasferimento diplomatici, viaggi di stato); dipendeva direttamente dallo SM/ANR.
 
L'azione militare
 
    Al primi di gennaio 1944 il I° Gruppo CT (Magg. Luigi Borgogno) era ancora in addestramento in Piemonte (campi di Lagnasco/Mirafiori), aveva ricevuto aerei MC. 205/V e stava facendo voli tattici radio assistiti in collaborazione col 77° Stormo Caccia della Luftwaffe. In tale attesa il 3 gennaio una sezione di allarme decollava da Lagnasco e impegnava combattimento contro caccia americani di scorta a "Fortezze Volanti" che bombardavano le officine RIV di Villar Perosa. Nello scontro venivano abbattuti 3 P. 38 (il primo abbattimento dell'ANR venne assegnato al S.M. pilota Cuscunà, N.d.A.) e l'avvenimento venne immortalato su una pagina della Domenica del Corriere.
    Lo stesso mese il I° Gruppo CT veniva trasferito nel Friuli, sull'aeroporto di Campoformido di Udine, da dove iniziava massacranti missioni di intercettazione contro le formazioni di bombardieri USA diretti verso la Germania meridionale, l'Austria e la Cecoslovacchia. Le missioni d'attacco, guidate dai controllori e assistite col radar, si verificavano sui cieli della Romagna o in Adriatico e proseguivano inseguendo i quadrimotori nel Veneto e nel Friuli, allorché gli aerei nemici entravano nei cieli tedeschi. Vittorie e perdite dolorose di piloti furono il bilancio di una intensa attività di guerra per tutto il mese di maggio allorché il reparto, ora al comando del Magg. Adriano Visconti, si spostava in Emilia sul campo di Reggio e riprendeva a battersi soprattutto contro i caccia alleati ora più vicini come autonomia al fronte. Una sproporzione di 4 a 1 era la norma in cui si battevano i valorosi piloti, caduti a decine per difendere gli italiani e i loro beni dalle incursioni terroristiche. Esempi come Treviso, la scuola di Gorla e tante altre località segnano le tappe del terrore di indiscriminati bombardamenti e di migliaia di vittime innocenti. Emerge in questo contesto il valore e il sacrificio degli aviatori repubblicani: più provati in quanto in pochi a rintuzzare la tracotante potenza nemica, più ammirevoli e degni di riconoscenza in quanto destinati fatalmente a soccombere di fronte al numero dell'avversario. Restano comunque i risultati a segnare, nella storia, i 113 abbattimenti attribuiti al I° Gruppo CT a fronte dei 49 piloti caduti in combattimento, non facilmente sostituibili per qualità professionali e combattive, in difficili condizioni operative anche per il materiale di volo sempre più ridotto come numero per la distruzione delle fabbriche del nord Italia. In luglio moriva in azione il Magg. Giovanni Arrabito, che aveva sostituito Visconti ferito in combattimento. In agosto il reparto si trasferiva a Vicenza e sul campo veneto veniva colto dall'improvviso golpe tentato dal maresciallo Richtofen, tendente a trasformare l'ANR in una Legione Aerea italiana, ma agli ordini dei tedeschi, che trasformava la libera scelta dei piloti italiani di servire l'Italia in mercenari al servizio del Reich. Il golpe venne tentato allorché la 2a Luftflotte ricevette l'ordine di rientro in Germania e si pose il problema di come sostituire il supporto aereo sul fronte italiano. Richtofen pensò di costituire di propria iniziativa uno strumento operativo al servizio tedesco, fornendo ai piloti italiani aerei competitivi e paghe superiori, rinforzando nel contempo la Flak e presentando ai suoi superiori, come aspetto positivo, il suo progetto, nella certezza di avere consensi e plauso. Venne contraddetto dai risultati, poiché pochi piloti si lasciarono convincere in buona fede dalle promesse e i molti che rifiutarono reagirono, anche incendiando i loro aerei. Mussolini, informato degli avvenimenti, telefonò al Führer denunciando il complotto di Richtofen e ottenendo il suo rientro immediato in Germania e la sostituzione col Gen. Ritter von Pohl. Ma il danno causato all'ANR fu gravissimo sotto l'aspetto morale e materiale ed occorsero alcuni mesi prima di ritornare all'efficienza di una volta. Fu necessario assegnare caccia Bf. 109 al l° Gruppo CT, inviare i piloti in Germania per addestramento (un gruppo fra i più provetti venne designato a pilotare il velivolo a razzo Me. 163, iniziando l'addestramento sull'aeroporto di Rangsdorf).
    Rientrato in Italia nel febbraio 1945, il gruppo "Visconti" venne dislocato fra Malpensa e Lonate Pozzolo dove iniziò a combattere in una situazione sempre più difficile. Lo stesso Visconti venne abbattuto sul Garda in marzo dopo un duello aereo con cui venne a collisione con un P. 47 americano e si salvò col paracadute benché ferito agli occhi. L'ultimo combattimento si verificò il 19 aprile e si concluse con l'abbattimento nel cielo di Appiano Gentile di un B. 24 e la perdita del giovanissimo e valoroso Sottotenente Aurelio Morandi, precipitato a Fino Mornasco. Ultima vittoria, ultimo caduto. Cedute le armi a Gallarate dopo aver incendiato gli aerei alla Malpensa, disciolto il reparto dopo aver salutato i suoi aviatori, Visconti e gli altri ufficiali furono trasportati dai partigiani a Milano e rinchiusi nella caserma di Via Moscova. Il 29 aprile, Visconti e il suo aiutante Sottotenente Stefanini furono chiamati per un interrogatorio dal comando partigiano delle brigate comuniste "Redi" e "Rocco", ma, mentre attraversavano il cortile, furono improvvisamente colpiti alle spalle da raffiche di mitra e assassinati. Un ingiusto destino per chi aveva combattuto nel cieli alla difesa dell'Italia, un vile omicidio da mani fratricide, indegno di un popolo civile, che privava l'Italia di un valoroso pilota e dell’Asso indiscusso dell'Aviazione italiana nella 2a Guerra mondiale con le sue 26 vittorie nel cieli. Pluridecorato al valore militare con 11 medaglie, una promozione per meriti di guerra, 591 missioni belliche espletate in 1.342 ore di volo. Un eroe ammirato e invidiatoci da tanti aviatori stranieri, misconosciuto ipocritamente dagli italiani, ingiustificatamente emarginato dall'aviazione per settari motivi di compiacimento politico, ignorato ipocritamente dai libri ufficiali di storia, ma esaltato da chi nella Storia descrive soltanto la verità, quella verità che un giorno irromperà prepotente per raccontare ad altre generazioni il nome e le gesta di un valoroso.
    Non meno esaltante la storia del 2° Gruppo CT, che fu il reparto che più di ogni altro rimase in servizio di guerra quasi senza interruzioni, che in più occasioni provocò gravi preoccupazioni ai comandi anglo-americani che lo denominarono: Ghost Group (il gruppo fantasma).
    Iniziò la sua battaglia nella primavera 1944, sui campi di Bresso e Cascina Vaga di Stradella, dapprima con i G. 55, poi con i Bf. 109/G6 per penuria di velivoli italiani. Dalla Lombardia, sempre al comando del Ten. Col. Aldo Alessandrini, il reparto si portava sui campi del Veneto, distribuendosi fra Villafranca, Aviano, Osoppo, Ghedi, da dove partiva per missioni di intercettazione e combattimenti con i caccia alleati di scorta. La sua presenza e le sue vittorie (memorabile quella del 16 novembre 1944 con l'abbattimento di 16 fra quadrimotori e caccia di scorta) gli valsero uno speciale interessamento da parte degli alleati, che distolsero per 4 giorni intere formazioni di bombardieri strategici per distruggere gli aeroporti da dove si presumeva partissero i caccia dell'ANR, nel tentativo di eliminare una volta per sempre il "Gruppo fantasma" in quanto più volte dato come distrutto e sempre riapparso a combattere nei cieli.
    Lo attestano le sue 114 vittorie contro i 42 piloti abbattuti negli scontri con la più numerosa aviazione nemica, il privilegio concesso dai tedeschi di addestrare piloti del reparto per i caccia Me. 262 a reazione (lo stesso privilegio accordato al l° Gruppo CT con i Me. 163), anche se ormai era troppo tardi per cambiare il corso degli eventi. Comandato poi dal Magg. Carlo Miani, il reparto si spostava fra Villafranca, Ghedi e Orlo al Serio, nell'aprile del 1945, e terminava la sua lunga lotta con l'onore delle armi dopo aver distrutto i suoi Messerschmitt sui campi lombardi.
    Il 3° Gruppo CT (Magg. Malvezzi), dislocato a Cervere, (Cuneo) non ebbe occasione di prendere parte attiva alla lotta nel cieli, dapprima per mancanza di aerei idonei, poi per la stasi succeduta al golpe Richtofen, anche se alla fine del 1944 venne inviato in Germania per il passaggio sul Bf. 109, ma non fece in tempo a rientrare in Italia in quanto colto dalla fine della guerra. Pochi dei suoi piloti, inseriti nel 2° Gruppo CT, presero parte ad alcune missioni sino alla fine del conflitto.
    Più intensa invece l'attività bellica della Sqd. d'allarme e complementare "Bonet/Montefusco" che dai campi di Venaria Reale e Caselle partecipò, al comando del Cap. Giulio Torresi (poi caduto in combattimento), a numerose intercettazioni, cogliendo vittorie e perdendo piloti in un alternarsi di scontri irreversibili per preponderanza numerica dell'avversarlo. In luglio veniva incorporata nel I° Gruppo CT per rinsanguare con i suoi piloti e aerei MC. 205 e G. 55 le stremate squadriglie del reparto. All'azione difensiva condotta dalla Caccia dell'ANR si contrapponeva la politica offensiva affidata come esplicazione al Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia" (Cap. Carlo Faggioni) che riprendeva ben presto a combattere, non appena pronte le sue squadriglie e allenati gli equipaggi alla lotta. Dislocato sui campi di Lonate Pozzolo e i Venegono, con i campi di appoggio di Gorizia/Merna e Perugia, il reparto iniziò le missioni contro il naviglio nemico sul mare di Anzio/Nettuno, cogliendo brillanti risultati, ma perdendo valorosi equipaggi fra cui il comandante Faggioni, abbattuto in mare e mai più ritrovato. Passato al comando del Magg. Marino Marini, il Gruppo AS condusse una straordinaria missione su Gibilterra, al limiti dell'autonomia e nella più completa sorpresa, silurando navi alla fonda e beffando gli inglesi che si ritenevano al sicuro nella munita piazzaforte navale. Una impresa che suscitò grande interesse per le difficoltà tecniche, ma che venne risolta con la perizia dei comandanti e le qualità professionali di piloti e specialisti di grande valore.
    Seguirono altre missioni in Adriatico, in Egeo, nel mari di Creta e nel Mediterraneo orientale con altre vittorie e dolorose perdite di uomini e macchine. Ci furono attacchi a Bari e Ancona, i cui porti rigurgitavano di naviglio alleato e si registrarono altri affondamenti.
    I risultati finali del Gruppo AS (ora intitolato al Comandante Faggioni dopo la notizia che Buscaglia era caduto con l'aviazione del sud) si compendiavano in 24 missioni offensive e l'affondamento di 115.000 TSL. di naviglio, la perdita di 86 piloti e specialisti e di 59 aerei SM. 79. Un bilancio di grande importanza bellica e storica, da scrivere a grandi lettere nella vicende dell'ANR. Non da meno furono i reparti da trasporto: l° Gruppo AT "Terracciano" (Magg. Egidio Pellizzari) e 2° Gruppo AT "Trabucchi" (Magg. Alfredo Zanardi) che operarono con trimotori SM. 81, SM. 82 nei cieli dell'Europa orientale (Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Cecoslovacchia, Russia bianca, Prussia orientale, Germania dell'est, Finlandia), compiendo centinaia di missioni di ogni tipo, trasportando materiali di ogni genere, soldati di rinforzo, feriti da evacuare sotto l'offensiva dell'Armata Rossa. Drammatiche furono le vicende in Lituania, zona di Mitau e di Koenigsberg (Prussia orientale) dove il I° Gruppo AT corse il rischio di rimanere intrappolato nel campi per attacchi di carri armati russi, riuscendo a salvarsi grazie alle capacità dei suoi comandanti, pur subendo dolorose perdite di uomini fra morti e feriti sorpresi da attacchi sovietici sull'autocolonna che li trasportava verso le linee tedesche.
    In autunno i due gruppi, esauriti i loro compiti, rientravano in Italia dislocandosi a Orlo al Serio, dove venivano disciolti e trasformati in Btg. Azzurri Antiparacadutisti, posti a difesa degli aeroporti bergamaschi. Diversa fu invece l'attività del Gruppo speciale da trasporto del Cap. Antonio De Camillis (da cui prendeva nome il reparto) che operava in Italia e zone limitrofe inserito nella Luftflotte 2.
    Interessante ed eterogenea fu invece l'attività del RAC (Reparto Aereo di Collegamento), che dal campo di Bresso lavorava per eseguire missioni speciali con aerei di ogni tipo (plurimotori e monomotori), usati anche per allenamento piloti. Descrivere le missioni del RAC in Italia e fuori è impresa di grande mole, poiché i suoi piloti ed equipaggi volarono ovunque, assolvendo delicati e importanti incarichi per conto dell'ANR e del Governo della RSI. Si consegnò a fine guerra con dignità e rispetto a Cinisello Balsamo. Notevole anche l'attività della sezione di volo VIP (che operava sul campo di Bettole nel bresciano) a disposizione del Q. G. del Duce con aerei SM. 79 e SM. 84.
    Uno di questi aerei venne messo a disposizione di Mussolini nell'aprile del 1945 per un eventuale viaggio all'estero (che Mussolini rifiutò). Il volo doveva essere eseguito con un trimotore SM. 84 con i colori slovacchi (la Spagna si era rifiutata di autorizzare l'atterraggio sul suo territorio agli aerei della RSI e del Reich).
 
L'AR.CO.
 
    L'organizzazione della difesa contraerea nel nord Italia, dopo lo scioglimento della MA.CA, si articolava su due rispettive branche di servizio - una tedesca - impostata su una linea di difesa a distanza denominata "Hauptblickrichtung" che utilizzava RDL "Freya" e segnalava presenza, quota, consistenza e provenienza delle formazioni aeree nemiche, dando allarmi di diverso grado e mettendo in funzione i centri avvistamento, le centrali di raccolta notizie, i reparti di intercettazione e l'artiglieria contraerea (Flak da posizione e dei reparti organici) e una italiana, collegata ugualmente alla Luftwaffe, che si appoggiava, oltre che ai reparti da caccia dell'ANR, ai gruppi AR.CO. dislocati in gran parte sulla zona orientale della RSI fra le provincie di Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Venezia, col compito di difendere la zona di penetrazione aerea orientale che portava le formazioni alleate verso la Germania. I 7 Gruppi AR.CO. erano integrati da 32 posti di avvistamento, dai posti di segnalazione stradale (allarmi per bombardamenti/mitragliamenti per gli automobilisti) serviti da ausiliari, mentre la presenza dei bombardieri nemici veniva segnalata con appositi comunicati radio diramati alle popolazioni civili e ai reparti militari italo-tedeschi e controllata visivamente da tutti mediante lettura di una speciale carta quadrettata del nord Italia, contraddistinta da lettere alfabetiche e numeri, distribuita alla popolazione civile e pubblicata anche da alcune riviste, su cui era possibile seguire la rotta degli aerei e prendere le necessarie misure di sicurezza con aggiornamenti regolari della situazione.
    Nel 1945 6 gruppi furono assegnati ad altrettanti reggimenti AR.CO. di nuova costituzione: 5° (gruppi 2°, 5°, 6° Ten. Col. Giovanni Buffa) e I° (gruppi l°, 3°, 4° Magg. Alfonso Amerio), cui erano da aggiungere il 7° autonomo e l'8° nebbiogeno, dislocato a difesa dei ponti del Po, in provincia di Ferrara.
    Il contributo dell'AR.CO. alla difesa aerea fu di 156 aerei di ogni tipo abbattuti, di 654 azioni a fuoco con l'impiego di 700.000 colpi di cannone e mitragliera sparati.
 
I Paracadutisti
 
    Nel nuovo ordinamento dell'ANR si stabiliva, come accennato, l'assegnazione dell'AR. CO. e dei reparti Paracadutisti all'aviazione, a simiglianza di quanto accadeva nella Luftwaffe con Flak e Fallschirmjaeger in organico. Tale innovazione non ebbe effetto immediato, in quanto restava ancora da definire la sorte dei battaglioni dell'Esercito (i Btg. "Rizzatti" e "Sala") provenienti dalla Div. "Nembo" che si trovava in addestramento a Spoleto con istruttori dell'XI° Flieger Korps, mentre il Btg. "Azzurro" dell'ANR, era in preparazione a Tradate. Una riunificazione questa che si sarebbe realizzata soltanto nel mese di maggio 1944.
    A seguito di accordi stabiliti fra il Maresciallo Graziani e il Feldmaresciallo Kesselring, si era convenuto di costituire un Rgt. Paracadutisti su 4 Btg., addestrarlo ed armarlo con personale e materiali tedeschi e renderlo disponibile per impiego tattico entro il maggio 1944. Un primo battaglione (Cap. Corradino Alvino) era già stato costituito ed inviato a fine gennaio nella testa di ponte di Nettuno, aggregato alla 4a Div. Paracadutisti; il reparto aveva partecipato, con grande valore e pesanti perdite, alla battaglia della Moletta, durante l'offensiva tedesca del 16 febbraio, e si trovava ancora in linea da mesi, ridotto negli effettivi per le severe perdite subite. In maggio il Btg. "Azzurro" abilitato ai lanci e preparato tatticamente a Tradate, veniva inviato a Spoleto per un ulteriore ciclo tattico, secondo i metodi tedeschi.
    Lo stesso mese con la riunificazione dei Btg. I° (Magg. Mario Rizzatti), 2° (Cap. Edoardo Sala) e 3° (Cap. Alfredo Bussoli) veniva completato il Rgt. Arditi Paracadutisti "Folgore" (Ten. Col. Edvlno Dalmas) con un nucleo di personale tedesco d'inquadramento al comando del Magg. H. Kruger, che a fine mese veniva assegnato al I° Corpo Paracadutisti (Gen. Kurt Student), schierato sul fronte di Roma dai Colli Albani al mare. L'offensiva alleata tesa ad occupare Roma e prendere sul rovescio il fronte di Cassino, induceva Kesselring a ritirarsi a nord della città Eterna per evitare distruzioni e vittime in ottemperanza alle disposizioni di Mussolini di evitare combattimenti nella città. Per facilitare la ritirata della 4a Div. Paracadutisti e della 65a Div. Fanteria, Kesselring chiedeva al Rgt. "Folgore" di fronteggiare la spinta offensiva del Corpo inglese (la e 5a Div. Fanteria con reparti corazzati, artiglieria e genieri), che aspirava ad occupare dal sud Roma in gara con gli americani. Il "Folgore" doveva tenere per almeno 24 ore le posizioni tattiche di Acilia-Castelfusano, Laurentina-Acquabona, Castel Porziano-Castel di Decima che controllavano le strade "Laurentina" e "Ardeatina" da una parte, "Ostiense" e autostrada Roma-Ostia dall'altra. Un compito difficile da realizzare con poco più di un migliaio di uomini e con modesto armamento leggero. Fra il 27 maggio e il 4 giugno gli italiani (fra cui erano reparti della Flak con artiglieri dell'ANR) tennero con grande valore e sacrificio le posizioni assegnate, consentendo l'ordinata ritirata a nord di Roma e l'arresto dell'offensiva inglese verso la capitale a vantaggio degli americani giunti per primi dalla "Casilina".
    Il Q. G. del Führer definiva il Rgt. "Folgore" fra "le migliori truppe del fronte di Roma" come provavano le centinaia di caduti, feriti e prigionieri che avevano ridotto l'organico del reggimento al 45% degli effettivi iniziali.
    In estate, passato definitivamente negli organici dell'ANR, il "Folgore", ricostituito con centinaia di altri volontari, riprendeva a battersi schierandosi in autunno sul fronte delle Alpi a difesa del Monginevro-Chaberton prima, del Moncenisio e del Piccolo S. Bernardo dopo, riscuotendo consensi e ammirazione da parte germanica e francese. I reparti paracadutisti, che avevano rifiutato a fine guerra ogni intesa con la resistenza, si ritiravano compatti sino ai punti fissati dagli alleati per la resa dell'Armata "Liguria" e consegnavano le armi al primi di maggio con gli onori militari da parte di truppe americane fra Strambino Romano e S. Vincent.
    L'impegno di riscattare l'Onore d'Italia era costato ai paracadutisti 355 caduti, centinaia di feriti e dispersi, in gran parte prigionieri nel campi "non collaboratori" degli Stati Uniti. Per concludere questo lungo iter storico dell'ANR, dobbiamo ricordare che con i disciolti reparti di volo impossibilitati ad operare nel 1945 per mancanza di benzina, furono costituiti 9 Btg. Antiparacadutisti. inquadrati nella Div. "Azzurra" al comando del Gen. B. A. Cerutti Marziale.
    Complessivamente prestarono servizio nell'ANR 34.000 uomini fra aviatori, artiglieri, paracadutisti, specialisti del SSA, ottenendo i seguenti risultati:
 
      Caduti in azione
      Piloti e specialisti   359
      Reparti terrestri   1.265
      Personale nella Luftwaffe  232
      Personale nella Flak   644
      AR.CO.      220
      Paracadutisti              364
      Totale                 3.088
 
      Aerei nemici abbattuti
      Dalla Caccia              239
      Dall'AR.CO.     156
      Da AS e altri reparti    18
      Totale      413
 
      Ricompense al v.m.
      assegnate
      M. 0. v. m.       4
      M. A. v. m.     167
      M. B. v. m.     173
      C. G. v. m.     175
      E. K. la KI.     201
      E.K. 2 a KI.     221
      Totale      760
 
    Promozioni per meriti di guerra    86
 
    Ore di volo bellico        14.786 
    Ore di volo addestrativo        10.158 
    Totale ore di volo:          29.944
    (dati incompleti)
 
    Non sono cifre di poco conto, soprattutto se viene messo in evidenza il contesto estremamente difficile e confuso in cui dovette operare l'ANR e convivere la RSI, valutando oggettivamente la diffidenza e in taluni casi l'ostilità dei tedeschi, la nefasta propaganda degli avversari e le indiscriminate uccisioni di uomini singoli per opera della resistenza durante e dopo la guerra.
    Un giorno la Storia, quella con la S maiuscola, dovrà tenere nel debito conto la presenza di questi uomini e le loro gesta, e sarà tributato, sia pure con postumo ravvedimento degli italiani, il giusto e doveroso tributo di riconoscenza a quanti, in purezza d'intenti e con negli occhi soltanto la visione dell'ltalla, si immolarono responsabilmente per assolvere un debito d'onore e rispettare la fedeltà di un impegno.
 
 
LA LEGIONE Settembre 1987 (conferenza del 20 giugno 1987) (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)    
ALL'EPICO CIMENTO DELL'AERONAUTICA NAZIONALE REPUBBLICANA
Bruno De Padova
 
    E’ perenne nel culto dei valori quella leggenda aurea che ha per fondamento l'etica dell'eroismo e lo spirito di sacrificio, cioè quel patrimonio di gloria dal quale scaturisce la sintesi più eletta per la Storia, garantendo comunque, in particolare attraverso l'ardimento di uomini capaci e coscienti del dovere, l'inno della vita anche dinanzi alla sfida della morte.
    Chi vuole comprendere, anzi chi riesce a sentire eterna contemporaneità di questa abnegazione può quindi intendere il significato che Gino Boccasile volle attribuire al suo dipinto dell'ippogrifo colpito al cuore da un dardo del nemico mentre è proteso alla conquista della vittoria per la certezza del futuro, pittura simboleggiante la potenza nello slancio patriottico che distinse - nella fase più cruenta del 2° conflitto mondiale - i piloti, gli aviatori, gli artiglieri della contraerea ed i paracadutisti della Repubblica Sociale Italiana quando, dopo l'ignominia del tradimento di casa Savoia, di Badoglio e dei loro collaboratori, l'Onore della Nazione pareva compromesso nelle sue fondamenta. A questi intrepidi Soldati dell'aria già nel 1961 fu Pietro Caporilli che illustrando l'impegno di oltre 80mila combattenti dedicò, nella rievocazione degli episodi, la supplica a Dio elevata da Mario Castellacci per gli sfidanti dell’Arma Azzurra contro la flotta di squadriglie da bombardamento e da caccia anglo-statunitense.
 
BRUCIANO LEGGERE LE ALI D'ARGENTO
    Tale implorazione unisce tutti coloro che hanno vissuto l'intera epopea della Regia Aeronautica nel periodo bellico 1940-43 sulla fronte aerea del Mediterraneo e altrove (Gran Bretagna e Russia) a quella affrontata con temerarietà - nella coscienza del sacrificio - per la ricostituzione dell'aviazione della RSI dopo l'8 settembre, da Italiani valorosi e dei quali oltre quattromila caddero in combattimento oppure trucidati dai partigiani dopo la liberazione del 25 aprile 1945.
    Altresì, aggiungiamo noi, quest'interpretazione vale anche per l'intervento della nostra Aviazione per la redenzione dell'Etiopia nel 1935-36, in cui i piloti Dalmazio Birago, Ivo Olivetti, Tito Minniti e il serg. Zanoni conseguirono le più alte ricompense in tale missione di civilizzazione da parte italiana nel Continente africano. Vale inoltre per la falange di volontari delle Squadriglie legionarie a fianco della Spagna nazionalista, quella insorta con Francisco Franco avverso l'autocrazia del Frente popular posta dal Comintern con Dolores Ibarruri e José Diaz per sottoporre la penisola iberica alla grande purga dell'Internazionale comunista, dove i trimotori S81 del col. Bonomi, di Erasi, Lo Forte e Altomare - insieme agli Sparvieri del cap. Ettore Muti - vennero condotti con eccezionale capacità sugli obiettivi da colpire e senza lasciarsi abbattere dai potenti caccia Polikarpov I-16 (più noti come Rata) forniti da Stalin ai rossi.
    Quest'orazione declama che «Gli angeli grigio-azzurri sulle sere/ accendono nel cielo roghi immensi. / Il tramonto non è, come tu pensi, /una luce del mondo, ma le schiere/ dei morti, sono, e bruciano leggere /ali d'argento e velano di densi fumi l'aria, e sollevano gl'incensi /tratti dal fuoco delle fusoliere distrutte.»
    Infine quell'elegia realizza nella sua melodia un dialogo più completo, esaltando nell'imperituro della Patria (quella che ha concretizzato la Carta del Lavoro, proposto l'ordine mondiale della Socializzazione nell'economia produttiva, eletto l'Uomo a fautore di progresso civile) l'inno all'ardimento per il magg. Francesco Baracca, il ten. Silvio Scaroni e altri «cacciatori» del cielo nella «Grande Guerra», per gli sfidanti della Coppa Schneider conquistata da Jannello (1919), L. Bologna (1920), De Briganti (1921) e M. De Bernardi (1926) nelle competizioni mondiali di idrovolanti, per F. Agello che nel 1934 sul monoposto con motore a pistoni batté il primato assoluto di velocità a 109,209 km/h in tale specialità.
 
I VOLI ATLANTICI CON ITALO BALBO
    Quando Mussolini il 28 marzo 1923 attuò la costituzione dell'Arma Aeronautica, nominò sottosegretari di questo dicastero prima il gen. Bonzani e poi Italo Balbo, sollecitando il perfezionamento dell'innovazione con questa frase: «Apritemi il cuore e vi leggerete una sola parola: Volontà!». L'incitamento venne ascoltato e in breve tempo, applicando la teoria del gen. Giulio Douhet, l'attenzione del mondo si polarizzò non soltanto sui voli individuali di De Pinedo, Ferrarin, Maddalena, Lombardi e Locatelli, ma pure su quella «crociera di massa» di apparecchi che Balbo - lo squadrista di Ferrara - realizzò con notevole abilità laddove nessuno era riuscito.
    Tra esse, la prima si svolse sul Mediterraneo occidentale nel maggio-giugno 1928 con 61 idrovolanti su una distanza di 3000 km, seguì un altro raid nel Mare Nostrum e su quello Nero con 35 altri idrovolanti per 5000 km, infine nel 1931 l'impegnativa prova di ben 11 mila km con aeromobili di analoga capacità di volo in Brasile.
    Nel decennale della sua costituzione, l'aeronautica dimostrò con Balbo il proprio perfezionamento durante il bimestre luglio-agosto 1933 e attraverso l'apoteosi della Centuria Alata di 24 idrovolanti che, con 100 uomini di equipaggio, su un percorso di volo di 20mila km, affrontò la rotta Roma-Chicago-Nuova York-Roma ed ottenendo dalle popolazioni USA e dalle genti del mondo la maggiore esaltazione per i piloti e per gli avieri italiani, sino al trionfo degli atlantici in Nuova York a Broadway e per le strade di Manhattan. A Chicago per l'occasione una via centrale della metropoli venne intitolata Italo Balbo Avenue.
    Più tardi, nella Quarta Sponda - in Tripolitania e Cirenaica - Italo Balbo divenuto governatore della Libia per le province di Tripoli, Misurata, Bengasi e Derna attuò la crociera occupazionale di ventimila coloni italiani in «aziende agricole individuali» (cioè, di terreni concessi dopo la fertilizzazione in proprietà a chi voleva lavorarli) nei villaggi Baracca, D'Annunzio, Crispi, Beda Littoria ecc. dove prima esisteva soltanto il deserto. L'ultimo viaggio di Balbo verso il cielo degli Eroi avvenne il 28 giugno 1940 quando il suo apparecchio fu abbattuto.
    L'assenza di Balbo alla guida dell'Aeronautica, negli anni antecedenti il 2° conflitto mondiale, forse non consentì alla nostra Arma Aerea di giungere al momento dello scontro con le potenze plutocratiche in modo più perfezionato, in quanto dei 1798 apparecchi da combattimento in linea il 10 giugno 1940 (783 bombardieri medi, 594 caccia, 419 ricognitori) e 554 di riserva - sparsi sulla Penisola e nei territori africani la maggioranza era stata costruita con funzioni difensive, senza portaerei, tutti privi di larga autonomia di volo.
 
LE SBERLE SONANTI DI ETTORE MUTI
    Per capire meglio lo spirito dell'Aeronautica italiana però, è indispensabile considerare un'altra grande figura di questo corpo militare, quella prorompente di Ettore Muti. Iniziò ad esserlo, quando Muti quattordicenne - nel 1915 - fuggì da scuola per andare a fare la guerra contro l'Austria, lo ripresero nel Cadore, ma subito dopo con un certificato apocrifo di nascita riuscì ad arruolarsi nei Reparti d'Assalto (gli Arditi) indi divenne legionario con D'Annunzio per la redenzione di Fiume, partecipò da squadrista alla marcia su Roma e, nominato Console della Milizia portuale, abbandonò l'incarico perché - ciò scrisse alla famiglia! - «qui faccio niente... c'è una vita inconcludente ... » e levò l'attenzione sui velivoli in volo nel cielo dell'Amarissimo. Ma ecco il bello. Nello scritto di Caporilli dedicato all'eroe di Ravenna viene descritto come l'Ardito non più quattordicenne iniziò la carriera di pilota: «Un giorno - in treno - due inglesi parlavano fra loro e uno di questi, capitano pilota, esternò un giudizio ingiurioso sugli Italiani. Muti scattò in piedi, si presentò quale capitano pilota Muti, lo schiaffeggiò con due robusti ceffoni, poi, - nella colluttazione che seguì - i due britannici ebbero la peggio». L'episodio ebbe risonanza a Roma e Mussolini, divertito, fece chiamare l'intrepido romagnolo e gli chiese il motivo per cui si era presentato con la qualifica di ufficiale pilota: «Per poterlo schiaffeggiare da pari grado - rispose Muti - del resto se non lo sono, lo diventerò!» e, dopo breve tempo, conseguì il brevetto per condurre gli aeroplani ed anche i relativi gradi.
    Seguirono con essi le molteplici gesta di Muti in AOI, con gli «Sparvieri» nella Spagna da liberare, la segreteria nazionale del PNF (1939-40) abbandonata per inefficienza politica del partito, con le missioni sui centri petroliferi di Caifa e del Golfo Persico, per difendere Pantelleria e la Sicilia dagli invasori.
    Quando nell'estate 1943 si ampliò la cospirazione del tradimento, Muti per la sua potenza d'italianità e di coerenza politica (1 medaglia d'Oro, 10 d'Argento, 4 di Bronzo, 5 Croci di guerra al merito più le decorazioni spagnole e germaniche, autentico credente delle istanze rivoluzionarie della socialità fascista) rappresentava un ostacolo insormontabile per chi complottava e nella notte del 24 agosto, per evitare che il popolo si ribellasse con lui alla resa incondizionata, venne assassinato alle spalle nella pineta di Fregene.
 
LO SQUADRISMO ALATO DI ADRIANO VISCONTI
    Maturò così la stupenda avventura dell'aviazione della Repubblica Sociale Italiana che, protesa al riscatto dell'Onore ed alla rinascita della Patria, trasse il germoglio più vivo dal culto dell'eroismo che sempre distinse i bombardieri, i siluratori e gli assi della caccia sul Mediterraneo, in Africa e su ogni fronte del mondo.
    Molteplici episodi caratterizzarono la ribellione dei piloti, degli aviatori e dei paracadutisti alla vergogna dell'8 settembre, come quelli di Botto, Tessari e Mario Rizzatti che vollero continuare insieme ai camerati della Luftwaffe (l'aeronautica germanica) la lotta contro gli invasori, ma l'operazione più temeraria venne portata a compimento dal maggiore Adriano Visconti (allora capitano, ma già asso della caccia con diverse vittorie aeree) che dal campo di Decimomannu, in Sardegna, fece decollare undici commilitoni - tra piloti e specialisti - su tre caccia monoposto Macchi 205 con i quali raggiunse Guidonia, da dove proseguo verso la Lombardia per dare epicità al I° Grp. Caccia Asso di Bastoni, facendo proprio il motto del 160° Grp. Autonomo in cui si proclamava che «la Caccia è lo squadrismo di tutti i tempi!».
    Sulle funzioni operative dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana, costituita insieme alle ff.aa. della rsi con decreto del nuovo governo nell'ottobre 1943, le indicazioni furono esplicitate e si sintetizzano con il seguente ordine di Mussolini: «Evitare comunque missioni di attacco che possono causare morti e feriti tra i connazionali rimasti al Sud oppure qualsiasi specie di danni al patrimonio culturale dei monumenti, di chiese e antichità, nonché agli ospedali, alle abitazioni, alle scuole del territorio raggiunto dal nemico.»
    Ben diversi i propositi di Roosevelt e di Churchill contro l'Europa e l'Italia! Alla Conferenza di Casablanca (21 gennaio 1943) i massimi rappresentanti di USA e Gran Bretagna decisero l'annientamento del vecchio Continente mediante la tecnologia criminale dei bombardamenti terroristici a tappeto per annientare qualsiasi possibilità di resistenza, di produzione e di esistenza delle popolazioni.
    Non è necessario dettagliare nei particolari gli aspetti sconvolgenti delle distruzioni e dei massacri di civili compiuti dalle flotte aeree dell'USAF (United States Air Force) statunitense e della RAF (Royal Air Force) inglese. Provocarono immensi lutti, invalidità orribili e catastrofi inaudite. In Germania, Amburgo bruciata in breve con una tempesta di fuoco (50mila morti) e Dresda città aperta-polverizzata in una notte (oltre 250mila civili bruciati vivi) sono l'anticamera degli immani olocausti atomici nel Giappone, ad Hiroshima (71 mila vittime), mentre l'Italia ebbe - impietrita dalla paura - la distruzione inutile dell'abbazia di Montecassino, la tragedia del Venerdì Santo '44 a Treviso (più di mille morti in pochi minuti) e l'eccidio delle scolaresche di Gorla a Milano, insieme a mesi ed anni di incursioni nemiche contro il suo patrimonio di monumenti, di strutture pubbliche e private, che annientarono quanto nessun dollaro e niuna sterlina potranno mai ripagare.
 
«GHEREGHEGHEZ» INNO DA CACCIA
    Oltre cinquant'anni dopo la fase cruciale del conflitto aereo sull'Italia (1944-45) può sembrare piuttosto cronistico, da compendio in cifre, il rilievo sui 239 velivoli abbattuti dai caccia di Visconti (113), dal 2° Grp. Diavoli Rossi del T. Col. Antonio Vizzotto (114), dal 3° Grp.F. Baracca del Cap. Fernando Malvezzi, dalla Sq. Bonet e da altri Reparti (12), ma tale risalto non lo è, in quanto, come precisò poi l'asso al comando della Luftwaffe da caccia Adolf Galland (Il primo e l'ultimo, vol. 2°1972) la guerra totale sentenziata contro l'Europa da Churchill, Roosevelt e Stalin implicò le formazioni USAAF e RAF da bombardamento, sempre protette da nugoli di apparecchi da scorta, con una forza sconvolgente di mezzi, senza pietà per i civili ed i loro beni, in genere di terrorismo dall'aria definito dai plutocratici senza coscienza di Wall Street e della City londinese il loro Flagello di Dio, che in realtà serviva a sconvolgere il tetto protettivo del vecchio Continente realizzato dall'intervento dei primi aerei con motore a reazione del mondo, cioè i Messerschmitt Me-262 (lo Sturmvoegel) e Me-163 (il Komet), gli Heinkel 162 (i Salamander) ed i Bachem Ba-349 (i Natter) ecc., l'anticipazione sorprendente di quelle armi segrete in approntamento a Peenemunde nei centri della ricerca germanica per salvare le patrie di Dante, di Goethe e di Brasillach dalla distruzione.
    Sulle fronti aeree, navali e terrestri però, le ricerche di Thiel, Oberth, von Braun e di molti altri scienziati rimasero per i difensori dell'Europa una speranza travolta dalla potenza nemica di mezzi e l'impiego dei caccia a reazione, delle V-I e V-2 non riuscì a capovolgere le sorti del conflitto, mentre a Torino il cap. Gianni Bonet cadeva abbattendo un bombardiere, lo seguivano poi - sempre colpiti in combattimenti dal nemico - il cap. Giulio Torrei (2 vittorie aeree) il s. ten. Pietro Brini e il s. ten. Aurelio Morandi, tutti uniti da un identico ardore patriottico. Cadranno poi, come martiri, il 29 aprile 1945 anche il magg. Visconti, il ten. Valerio Stefanini e altri 31 Soldati della RSI, assassinati a tradimento dai partigiani nell'ex caserma Savoia Cavalleria dopo l'accordo di resa. E’ nel cielo sublime che accoglie questi Caduti il luogo eletto dove il grido d'incitamento «Gheregheghez» della Caccia repubblicana risuona sempre in vibrante melodia di valori giammai perdenti, non più insidiabili dalla demagogia oggigiorno inquinante l'Italia.
 
AI PARACADUTISTI ONORE E GLORIA
    Nell'ardente difesa del suolo italiano si distinsero più di quattromila paracadutisti agli ordini di Dalmas, Rizzatti e Sala, tutti volontari del I° Rgt. Paracadutisti RSI suddiviso nei Btgg. Folgore, Nembo e Azzurro che durante le battaglie si batterono con valore e conseguendo ben 3 Medaglie d'Oro, 52 d'Argento, 94 di Bronzo, 93 Croci di Guerra e 39 decorazioni germaniche (N. ARENA, L'Aeronautica Nazionale Repubblicana, 1995) sempre nella rivendicazione Per l'Onore d'Italia per cui caddero in combattimento da Salerno, Montecassino, Anzio e Nettuno, Linea Gotica sino alla Val d'Aosta, nonché per le imboscate dei ribelli e per le persecuzioni dopo il 25 aprile, circa quattrocento uomini. Non si può altresì scordare i sacrifici ininterrotti e il grave rischio affrontati dagli avieri addetti alla Artiglieria Contraerei e alla FLAK italiana che abbatterono 156 velivoli incursori nel proteggere le genti, le città, i paesi e le strutture delle nostre regioni.
    Chi rammenta la enorme quantità di aerei impiegati dall’USAF e dalla RAF per dominare i cieli italiani ed europei può capire con quanto azzardo i piloti della RSI condussero le missioni degli aerosiluranti, dotati - senza la scorta della caccia - dei vetusti trimotori SM 79 (battezzati il Gobbo maledetto) con autonomia di volo parecchio limitata. Per questo, il loro impegno fu superiore a quello già dimostrato da assi come Buccali, Cannaviello, Castaldi, Buri e Mellej nel colpire ogni genere di naviglio nemico.
 
FAGGIONI E MARINI ATTACCANTI EROICI
    Nella «luna di marzo» 1944 (i cicli operativi degli aerosiluranti si sceverano a «lune») la 2 a Squadriglia del Grp. Buscaglia attaccò con otto SM 79 guidati dal ten. Bertuzzi la flotta nemica di rifornimento ad Anzio, affondando 30mila tonn. di naviglio, ma nell'inferno della contraerea tre trimotori condotti dai tenenti Teta, Galante e Baldarotti furono distrutti insieme ai loro equipaggi. Nella «luna» del 9 aprile successivo, altri quattro SM 79 condotti dal cap. Carlo Faggioni tornarono sulla rada di Anzio e, nonostante l'intensità di fuoco da contraerea e caccia notturni del nemico, furono affondate ulteriori 5mila tonn. di navi ma il trimotore dell'asso dei siluratori italiani e quello del ten. Sponza precipitarono nel mare. Sponza soffrì poi una lunga prigionia, a Faggioni il capo della RSI conferì la Medaglia d'Oro al v.m. alla memoria.
    Il I° giugno seguente maturò un'altra «luna» stupefacente. Con dieci SM 79 calibrati nel consumo di carburante sino alla goccia, il cap. Marino Marini nuovo comandante del neo Grp. Faggioni - raggiunse la lontana base britannica di Gibilterra e con otto siluri vennero affondate sei unità «alleate» per 40mila tonn. di stazza. Fu un'azione eccezionale, ma poi altri SM 79 continuarono a silurare ed affondare le navi dei convogli USA e inglesi nell'Adriatico, in Grecia, nell'Egeo, sino a Bengasi con una perdita per il nemico di altre 130mila tonnellate.
    Alla fine del conflitto e della Repubblica Sociale, l'aeronautica agli ordini di Baylon e del gen. Bonomi - insieme a tutti i piloti e gli avieri - rammentò l'orazione di Castellacci nell'esaltazione del sacrificio dei camerati caduti per l'Onore della Patria in quanto, anche per loro, «la preghiera è questa: Signore, accendi in cielo il nuovo canto dei motori d'Italia, e così sia!».
 
 
 
 
    Le due fotografie che illustrano il servizio di De Padova sull'Aviazione Repubblicana, raffigurano il Tenente pilota Emilio Marchi. Nato a Oboken, negli USA nel 1917 da una famiglia lucchese colà immigrata, a 18 anni si presentò volontario nell'Arma Aeronautica. Ufficiale di complemento, dopo una lunga permanenza al I° Stormo a Campoformido, fu combattente in Spagna, nell'Aviazione Legionaria, nel 1937-38. Rimpatriato, rinunciò alla promozione in SPE per merito di guerra ed ottenne il congedo per continuare gli studi interrotti. Nel giugno 1940, alla nostra entrata in guerra, raggiunse il suo vecchio reparto, e con il I° Stormo rimase ininterrottamente in linea fino all'armistizio. Fu poi tra i primi a rispondere all'appello del Comandante Botto e tra i più degni collaboratori nell'opera di rinascita della nostra Aviazione in RSI. Una promozione per merito di guerra, tre medaglie d'argento al v.m. (più una quarta proposta in corso all'8 settembre), una medaglia di bronzo al v.m. e la Croce di Ferro di II Classe testimoniavano sul suo petto dell'ardimento e del valore da lui dimostrati in oltre settecento azioni di guerra.
    Il 2 aprile 1944, in combattimento contro formazioni di Liberator nel cielo di Udine, non vinto dall'avversario ma avendo l'apparecchio gravemente danneggiato, sacrificava la propria gioventù gettandosi con l'aereo contro una Fortezza Volante.
 
 
     Ecco come motivava la sua adesione alla RSI scrivendo ad un amico il 12 ottobre 1943: «... Finora ho compiuto il mio dovere di soldato e di Italiano sempre e dovunque vi fosse da difendere l'onore e il prestigio della Patria; non posso rinnegare questo mio patrimonio d'onore, onesto e puro. Nel mio depresso spirito, nel mio sconsolato dolore, sento che in questo disperato momento più che mai l'Italia ha bisogno di tutti i suoi figli. Perciò ho superato ogni dubbio, ogni incertezza; ho anteposto ad ogni altro sentimento la mia volontà di servire ancora la Patria, e lo faccio convinto della nostra opera e del nostro programma: dobbiamo riscattare il nostro onore e la nostra dignità di soldati per riaffermare dinanzi al mondo la nostra esistenza e per mantenere viva nel nostro popolo la forza dello spirito nel sentimento di amore di Patria ... ».
 
 
TABULA RASA Febbraio 1997 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

IL 75° ANNIVERSARIO DELL’ARMA AZZURRA
Dalla pubblicazione edita per il 75° anniversario dell’Arma Azzurra, stralciamo alcuni passi relativi all’Areonautica Nazionale Repubblicana
 
 
L’8 settembre 1943, data indimenticabile nella storia dell’Italia, il governo Badoglio succeduto a Mussolini, firmò l’armistizio con gli Alleati. L’ambiguo messaggio alla radio, diffuso anche nelle piazze d’Italia con altoparlanti, creò un notevole disorientamento ideologico sia tra i militari che nella popolazione civile. A tale data erano ancora operativi appena 200 velivoli, su una produzione in tre anni di 11.500 unità di vario tipo. In quei giorni di caos totale, interi reparti di stanza al Nord si recarono al Sud, altri dal Sud si recarono al Nord, portando nei loro aerei quanto potevano, come specialisti e materiali. Fu un momento di gravi e difficili scelte, consumate nell’angoscia del dubbio di obbedire ad un ordine o di rispettare l’onore di soldato, anche se abbandonato alla sorte senza ordini o disposizioni. Quelli che si recarono al Sud, obbedendo al giuramento prestato a S.M. il Re Vittorio Emanuele III, formarono l’Aeronautica Cobelligerante a fianco dei "nuovi Alleati’’ e nelle loro missioni di guerra non vennero mai impiegati contro i piloti italiani attivi al Nord. (...)
Quelli che, invece, aderirono all’Aeronautica Nazionale Repubblicana lo fecero per un alto concetto militare dell’onore nella parola data e per difendere il suolo della Patria dalle indiscriminate incursioni di bombardamento e di libera caccia degli aerei angloamericani. Tale travagliato periodo storico merita un maggiore approfondimento anche perché, grazie all’attuale maturata coscienza storica, finalmente si possono ricordare quelli che più o meno celatamen-te vennero "dimenticati’’. (...)
Questi piloti iniziarono spontaneamente ad organizzarsi dopo il proclama lanciato alla radio dal Tenente Colonnello Ernesto Botto, conosciuto con il soprannome di "Gamba di ferro’’. Altri provenivano dai 660.000 militari italiani internati nei territori del Reich che, in parte, aderirono alla RSI per una scelta dettata più dall’impulso che dalla ragione. Per l’adesione di taluni si può azzardare l’ipotesi che siano state proprio le sopra citate massicce formazioni di bombardieri che, dopo l’armistizio, continuarono a martellare con particolare accanimento il territorio del nord Italia, soprattutto per colpire le industrie, i porti ed i nodi ferroviari delle principali città del nord, colpendo inevitabilmente anche molte aree urbane limitrofe.
Essi si riunirono dapprima alla spicciolata e poi sotto precise direttive del Ministero della RSI. Molti di loro ritennero ignominioso l’armistizio e credettero giusto continuare a combattere a fianco del vecchio alleato germanico. Formarono per primo il gruppo autonomo Montefusco, seguito subito dopo dal 1° e 2° stormo da caccia, equipaggiati inizialmente con i nuovi caccia Fiat G 55, RE 2005 e Macchi 205. Venne riformata la squadriglia di aerosiluranti. Operarono anche due gruppi da trasporto, il Terracciano ed il Trabucchi , impiegati dalla Luftwaffe soprattutto sul confine orientale. I bombardieri invece rimasero a terra, perché Mussolini non volle venissero impiegati in operazioni che avrebbero potuto causare ulteriori vittime tra la popolazione già duramente provata dai bombardamenti angloamericani. Nell’Aeronautica della RSI, vennero formati tre gruppi caccia di prima linea, un gruppo complementare addestrativo, una squadriglia autonoma di caccia notturna, una squadriglia da bombardamento, un reparto di collegamento. Sei gruppi AR.CO (Artiglieria Contraerea), un Reggimento paracadutisti con un battaglione scuola, sei battaglioni guardie aeroporti/antiparacadutisti, le ausiliarie del Servizio Ausiliario Femminile e addetti alla segnalazione-scoperta aerei, per un totale di 30.000 uomini. (...)
L’attività dell’Aeronautica del Nord si può sintetizzare così. Caccia: velivoli sicuramente abbattuti 239, probabilmente abbattuti 115, velivoli perduti (distrutti al suolo, demoliti, incendiati o incidenti) 344. Aerosiluranti: navi mercantili affondate 13 (115.000 t.) navi da guerra affondate 1, navi mercantili danneggiate 12 (75.000 t.) velivoli perduti 59, velivoli abbattuti 4. Aerotra-sporti: personale militare trasportato 6.372, materiale trasportato 4.110 t. velivoli perduti 52. Dal 18 novembre 1943 (data formazione A.N.R.) al 26 aprile 1945 i velivoli perduti per cause belliche furono 3.963. Va ricordato che dalla fine del conflitto, i Governi dell’attuale Repubblica non riconobbero ai piloti della RSI le onorificenze né gli avanzamenti di grado ottenuti durante il loro servizio. Venne però riconosciuto il loro valore di combattenti proprio dagli ex nemici, tanto che una foto del Maggiore Adriano Visconti (ANR con 26 abbattimenti) si trova tra gli Assi del cielo della 2ª Guerra mondiale presso lo Smithsonian Institute a Washington D.C.
 
 
Il Ten. Colonnello pilota Ottone Sponza, nato il 21 settembre 1919 a Rovigno, iniziò la carriera nella Regia Aeronautica per passare poi agli aerosiluranti, entrando a far parte della squadriglia comandata dal Cap. Carlo Faggioni, di cui fu fedele gregario. Partecipò a varie missioni, tra cui l’attacco contro Gibilterra, contrastando così lo sbarco degli Alleati in Sicilia.
L’11 settembre 1943 partì per la Sardegna ma, all’altezza delle Bocche di Bonifacio, venne attaccato da caccia tedeschi e costretto all’ammaraggio. Rispose quindi alla chiamata di Faggioni per arruolarsi nell’Aeronautica Nazionale Repubblicana. Il 6 aprile 1944, durante un volo di trasferimento, i 13 aerei del gruppo furono attaccati da una formazione nemica. Sponza, con l’aereo crivellato, riusciva ad atterrare, salvando ancora una volta il suo equipaggio. Il 10 aprile veniva abbattuto nel mare prospiciente Nettuno, durante una missione in cui caddero i Capitani Faggioni e Valerio con i rispettivi equipaggi.
Fatto prigioniero, venne condotto a Napoli per l’interrogatorio di rito. Affidato "alle cure’’ di un Sergente della Military Police che indossava guantoni da boxe, fu trovato seduto su una sedia mentre l’interrogatore giaceva svenuto. Gli Alleati lo spedirono dapprima a Biserta (POW Camp 113), da cui tentò la fuga e quindi fu trasferito negli USA al POW Camp di Hereford (quello per i non cooperatori), da cui tentò la fuga altre due volte. Venne rimpatriato nel 1946.
Nel dopoguerra, non accettando l’amnistia, volle essere processato, venendo però assolto e reintegrato nei ruoli, con riconoscimento delle promozioni. Moriva a Trieste il 18 gennaio 1996.
 
 
NUOVO FRONTE N. 194 Settembre 1999. (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

DOMUS